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SACROSANCTUM

Il nuovo sacro scandisce il presente vissuto

 

Ipsi est cura de vobis” è la frase impressa sull’arco dell’altare dell’Oratorio di S. Mercurio di Palermo, dove giorno 26 dicembre 2021 è stata inaugurata la seconda edizione di Sacrosanctum, a cura di Adalberto Abbate e Maria Luisa Montaperto, sostenuta e organizzata dall’associazione Amici dei Musei Siciliani, che punta lo sguardo verso i nuovi significati contemporanei del sacro. 

La mostra riunisce sedici artisti italiani e internazionali (Diego Moreno, Antonio Riello, Memed Erdener, Sylvie Fleury, Andrea Di Marco, Paolo Canevari, Loredana Sperini, Francesco Simeti, Luigi Presicce, Valentina Glorioso, Urs Lüthi, Manfredi Beninati, Juan Fielitz, Filippo Berta, Colectivo Democracia e Adalberto Abbate) con l’intento di farli dialogare tra loro e con l’ambiente che li ospita, sulle mutazioni a cui sono sottoposti i concetti di religioso e sacro; una conversazione critica e fondamentale per non sfuggire in maniera disinteressata ai dettami contemporanei della società e della sua evoluzione.

Il progetto nasce dal desiderio di restituire valore ad un luogo carico di sacralità e bellezza, che nel tempo era stato quasi dimenticato a seguito della sua inaccessibilità dovuta principalmente alla pericolosità generata dai naturali segni del tempo. Un luogo dimenticato soprattutto dalle istituzioni publiche, che riacquista vitalità grazie alle donazioni dei visitatori e ad una importante azione di manutenzione e restauro. L’Oratorio di S. Mercurio diventa, dunque, testimone del conflitto fra il sacro e i meccanismi socio-politici che ne stanno all’esterno, rendendolo lo spazio espositivo più adatto per questa rassegna. 

La forza barocca, ricca di movimento architettonico, viene trasmessa anche alle opere di grandi dimensioni collocate attorno al perimetro della chiesa, restituendo all’osservatore un pressante senso di immersione liturgica, totalmente straniante, dove la sua posizione fisica non è più quella della preghiera, bensì una posizione rilevante per il collegamento con tutto ciò che è più terreno. I simboli del sacro diventano spazi del globale, dove i significati tangibili ed empirici vengono conservati e manifestati con cruda eleganza; una realtà non più spirituale, ma dal sapore umano, concreto e, a tratti, alienante. 

Nell’autoritratto di Urs Lüthi (Kriens, Svizzera, 1947) “La Sacra Anarchia”, lo vediamo stringere in braccio un bambino, segno del cambiamento e della nuova generazione. L’opera dell’autore svizzero si fa portatrice di speranza e diventando un segno di rinascita che ribalta la tradizionale immagine -tutta al femminile – della Madonna con il bambino in braccio. Siamo spinti a riflettere sulla possibilità di un cambio di identità del simbolo, poiché il valore intrinseco dell’allegoria sacra permane, ma muta il suo aspetto e la sua applicazione con il cambiamento sociale.

Nel dipinto senza titolo di Andrea Di Marco (Palermo, 1970-2012) viene invece raffigurato un altarino sul luogo di un incidente stradale, metafora di religiosità e preghiera ormai entrata violentemente nel paesaggio urbano contemporaneo. Il dipinto dell’artista palermitano non ha lo scopo di raffigurare esclusivamente uno scorcio cittadino, ma quello di analizzare il legame che si instaura tra il dolore e il luogo del decesso di un proprio caro: un legame che va oltre il solo perimetro circostante dell’accaduto e approda in spazi non conoscibili, ma che grazie al sacro sono visitabili e personalizzabili da coloro in vita. Infine, solo per citare alcune delle significanti opere presenti in mostra, nell’opera “Eternit” di Adalberto Abbate (Palermo, 1975) – nel doppio ruolo di curatore e artista -, il Cristo che indica il Sacro Cuore perde i suoi lineamenti originali fondendosi con una vecchia fotografia di un operaio vittima del proprio lavoro. L’immagine è forte e cruda nella sua nuova verità. In un istante – come quello fotografico e quello della morte – si viene a contatto con una nuova forma di sacrificio: divenire martire nel nome del lavoro. I rimandi al sacro sono palpabili davanti all’opera di Abbate, che riconduce ideologicamente al pellegrinaggio verso il luogo di lavoro, un tempo svolto verso i siti di culto. E ancora: un agnello si rilassa distendendo le zampe durante la tosatura attraverso la quale si recupera la sua unicità, riprende le peculiarità caravaggesche; gesti di pace e di augurio diventati simboli della guerra nazista; il conflitto come oggetto di culto e Madonne raffigurate su un caccia militare riprendendo le pin-up che i soldati inserivano nei loro mezzi di battaglia. Sacrosanctum non è solo una mostra: è la rassegna di un passato recente e dell’immediato presente che viviamo, nel quale avviene la sovversione dei caratteri religiosi, instaurandone degli altri come nuovo culto e che ormai sono radicati nelle vite e nelle storie di tutti. 

È inevitabile, quindi, che le opere dal forte impatto – nonché la loro disposizione e il contesto in cui sono inserite – creino un’atmosfera riflessiva e analitica per ciascun osservatore che si ritrova spinto allo schieramento e alla critica politica. La mostra non cerca risposte, raccoglie racconti di luoghi, individui, avvenimenti sacralizzati e di nuove massime religiose. 

La mostra è visitabile tutti i giorni dalle 10:00 alle 18:00 fino al 9 gennaio 2022 al prezzo di 3 euro, acquistabile in situ o tramite piattaforma Restart.

Il 31 dicembre 2021 la mostra sarà visitabile dalle 10:00 alle 14:00 e giorno 1 gennaio 2022 dalle 14:00 alle 18:00. Visita guidata e incontro con i curatori: 4 gennaio 2022 dalle 17:00 alle 18:00.