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Stare-con l’errore | Pluriball, un progetto di CAMPO22

Pluriball, un progetto espositivo a cura di CAMPO22, presso il Palazzo di Velluto, Torino. Il team curatoriale invita tre artistɜ affiancatɜ da tre espertɜ per delineare punti di vista trasversali attorno al tema dell’errore.

 

Gli spazi del Circolo Culturale Lucano “Giustino Fortunato” APS, presso il Palazzo di Velluto, Torino, hanno ospitato, dal 7 al 18 dicembre 2022, Pluriball, il progetto finale di CAMPO22, corso di studi e pratiche curatoriali promosso dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo con il sostegno di Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

La mostra si delinea attorno al concetto di errore che verrà preso, sviscerato, ricomposto dal team curatoriale, e daɜ artistɜ ed espertɜ con cui avviene una collaborazione. Il pluriball stesso nasce per errore, è un esperimento fallito che avrebbe dovuto portare alla produzione di carta da parati plastica e che invece crea una bobina a bolle, unità singole e separate che insieme costituiscono un sistema plurale e funzionante.

Il tema della mostra prende forma da una riflessione attorno al motto Try again. Fail again. Fail better. Tipicamente rintracciabile nella retorica diffusa nell’epoca del capitalismo iper-performante – di cui le startup della Silicon Valley sono il modello per eccellenza – mostra come anche il fallire diventi parte attiva del processo di produzione. Attraverso questa operazione, il fallimento viene privato di quella forza interruttiva e vivificante dell’essere senza rimedio. Fallimento ed errore sono stati resi funzionali alle dinamiche prestazionali su cui si basa la società odierna, divenendo fattori fondamentali ad alimentare una retorica di crescita inarrestabile, in quanto viene loro sottratta la carica disfunzionale e dunque pericolosa.

Lɜ tre artistɜ coinvoltɜ, Alessio Cerfeda, Davide La Montagna e Susana Ljuljanovic, lavorano rispettivamente con lɜ espertɜ Riccardo Guidetti, Maddalena Cannito e Sergio Albertazzi, per rispondere – fuggendo risposte inequivocabili ed univoche – al seguente quesito; ovvero se sia possibile riconoscere nella pratica artistica un luogo per l’errore inteso come possibilità di formulazione di nuovi paradigmi ibridi e plurali.

 

Dettaglio da Questo vuoto mangia più di me, Alessio Cerfeda, 2022

 

La collaborazione tra Alessio Cerfeda e Riccardo Guidetti avviene come un incontro tra ambiti, due persone che hanno metodi e modalità rappresentative differenti. La ricerca di Cerfeda è un’indagine dell’assenza e di ciò che rimane dopo la perdita, prendendo a punto di partenza narrazioni autobiografiche che, esposte, divengono collettive. L’opera in mostra, Questo vuoto mangia più di me, ragiona sull’errore sia in relazione al cibo che alla morte.

Ad oggi, il cibo è adeguato alle esigenze della società attraverso la tecnologia che lo rende iper-performante, ovvero ne migliora i limiti naturali. Per comprendere il contesto, si può parlare di superfood e shelf-life, che fanno rispettivamente riferimento ad alimenti che diventano veicolo per sostanze particolari mirati al miglioramento del benessere fisico e alla durata dei prodotti sugli scaffali dei supermercati. L’installazione di Cerfeda appare come un impasto di pane in cui sono inseriti formaggio e fave liofilizzati, uova sode ed elementi in ceramica a forma di denti e baccelli. La forma circolare, e la terra che circonda l’installazione evoca una dimensione rituale, come a rappresentare il processo di digestione di un vuoto.

La morte qui viene evocata in maniera più o meno esplicita, dal cibo che deperisce e dalla scelta di alcuni alimenti che costituivano tradizionalmente la colazione di Pasqua del padre dell’artista. Liofilizzare fave e formaggio, fissa nel tempo e nello spazio questi elementi, ne risolve l’errore della finitudine, aprendo all’idea di evoluzione continua, confermata anche dal pane che ammuffendo da spazio a nuove forme di vita.

 

 

Davide La Montagna, in conversazione con l’esperta Maddalena Cannito, si approccia al tema del fallimento guardandolo in prospettiva sociologica, interrogando proprio le sovrastrutture sociali, dei ruoli e dei generi, all’interno delle relazioni amorose. La Montagna indaga con la sua ricerca il rapporto amoroso nella sua complessità, attraverso una resa formale che implica oggetti recuperati e materiali deperibili, spesso ottenuti da processi che richiedono dedizione e tempo.

L’operaYou Could Have Been Anyone’s Dream, pone in equilibrio – esponendone il conflitto – l’accettazione della fine e la tendenza a dei canoni inarrivabili. L’acqua di rosa è protagonista del lavoro, si fa metafora delle norme che possono definire le relazioni sentimentali. In due recipienti, dalle estetiche ben definite e distanti tra loro, vi è dell’acqua di rose di produzione industriale e una versione artigianale ottenuta dall’artista da un decotto di petali di rosa. Se nel primo caso il profumo è destinato a perdurare, essere ricordato, affacciandosi su di una temporalità potenzialmente eterna – tipica di una iper-performatività e coerenza non sostenibili e realizzabili a lungo termine – l’acqua artigianale perde il suo profumo, e in un’ottica prestazionale diventa inutile, fallisce.

Cannito e La Montagna si trovano d’accordo nell’affermare che il fallimento possa essere la carica necessaria a sovvertire le costrizioni sociali che definiscono i rapporti Io-Altro. Ammettere il fallimento individuale così come collettivo, politico e culturale, può essere l’opportunità per problematizzare i prodotti – spesso celati – delle rigide impalcature del binarismo sistemico. In questo contesto l’operazione di La Montagna sembra un tentativo di destabilizzare le dinamiche binarie prendendo ad oggetto di ricerca la complessità dell’investimento emotivo, che per quanto contenga in potenza la possibilità di infinità deve ammettere la fine. In questo modo si evade da una griglia di possibilità ridotte e semplificazioni, ambendo ad opportunità che solamente l’irrimediabilità del fallimento può svelare.

 

Dettaglio di Lavoro stagionale con l’aiuto del sole, Susana Ljuljanovic, 2022

 

Lavoro stagionale con l’aiuto del sole è il terzo lavoro presente in mostra, realizzato da Susana Ljuljanovic in conversazione con Sergio Albertazzi.  L’errore in ambito scientifico ricopre una posizione privilegiata in quanto dimostra come anche ciò che è preso a principio fondamentale non è immutabile quando posto davanti a fenomeni della realtà. Errore/casualità è il fattore che interrompe il normale procedere verso il conseguimento di un risultato ideale, imponendo quindi di trovare soluzioni a questo eventi casuali che possono anche arrivare a determinare il percorso evolutivo di una specie.

L’opera di Ljuljanovic prende forma in un lungo processo di collaborazione con alcune colonie di api. L’operazione dell’artista è in questo caso l’errore del sistema e la risposta delle api, la reazione a questo. Ljuljanovic inserisce dei tessuti all’interno dell’arnia. L’elemento estraneo viene mummificato dalle api con propoli e cera, che servono per sigillare e fissare l’oggetto alieno che potrebbe diffondere batteri ed altri microrganismi patogeni con conseguente collasso del sistema-alveare. Il risultato è  un corpo organico  modellato da umanɜ e non- umanɜ.

In questo contesto, l’errore viene fisicamente assorbito dal sistema, dando forma all’incontro tra io-corpo e ciò-che-sta-fuori, dove i confini tra interno ed esterno più vengono definiti, cicatrizzati, più si ibridano divenendo un organismo terzo con una sua stabilità.

Pluriball risulta essere esso stesso un sistema contaminato eppure stabile, dove le azioni di ibridare, eternare e fluidificare mettono in discussione la normalizzazione di equilibri e dinamiche che sostengono lo status quo. La mostra è la restituzione di un processo più complesso, il quale si inserisce nel discorso contemporaneo globale che mira a trovare soluzioni sostenibili per recuperare una prospettiva non-individualistica. Con questi presupposti, l’ammissione del fallimento a livello etico-culturale e politico-sociale della società contemporanea, potrebbe essere l’occasione per dare spazio ad equilibri che evadano il dualismo sistemico e i suoi punti di frontiera.

A questo link un articolo su precedenti sperimentazioni prodotte nell’ambito di CAMPO.

Photo credits: Nicola Biagetti e Leda Cimatti