Art

Il nuovo abitare

Dalla botanica alle abitazioni contemporanee nella mostra di Roberto Orlando

 

Ancora prima di trovare un luogo in cui fermarsi e una struttura da abitare, l’uomo si muoveva liberamente sul vasto territorio che lo circondava, alla ricerca di luoghi in cui cacciare e dai quali trarre frutti che gli permettessero di vivere. In assenza, dunque, di punti di riferimento artificiali, il menhir fungeva da “faro” nelle vastità oceaniche dei territori inabitati del neolitico.

A distanza di migliaia di anni l’uomo non ha solo trovato il suo stazionamento, ma ha fatto delle proprie abitazioni un metodo di rappresentazione personale e dello status sociale che gli apparteneva. In questo modo la casa, prima punto di raccolta della famiglia, di riparo e riposo, è diventata –anche grazie allo sviluppo tecnologico e architettonico– un raccoglitore di immagini, ricchezze e di elementi indirizzati al piacere sensoriale e visivo.

Come Simpodio ­– la mostra personale di Roberto Orlando a cura di Ilaria Cascino in corso all’artist run space Parentesitonde a Palermo – si pone come riflessione sul luogo abitato, che perde la funzionalità originaria e si configura come prodotto di un’azione figurativa e creativa, conseguenza di un nuovo carattere architettonico.

Il lavoro di Roberto Orlando parte da importanti premesse botaniche, sfruttando per l’appunto il simpodio, una particolare ramificazione delle piante che si articola indipendentemente dal tronco principale, al fine di ragionare ora sul processo vitale delle piante che creano strutture e forme al fine di adattarsi alle diverse condizioni in cui si ritrovano, ora sull’articolato processo di distaccamento dell’architettura dalle funzionalità primordiali. Condizionato dai luoghi in cui ha vissuto e in cui ha lavorato, l’artista palermitano ricrea un’abitazione “alterata” in cui i vari oggetti ricordano le funzioni originali per le quali sono stati creati, ma la cui forma e il cui compito sono stati sovvertiti dall’estetica e dal piacere visivo. È il caso di “Come Simpodio #2” il lampadario che Orlando colloca a pochi centimetri da terra, la cui forma ricorda visivamente infiorescenze di piante esotiche e che non ha lo scopo di illuminare l’ambiente circostante, bensì di attirare ad entrare e percorre lo spazio, quasi come un vecchio menhir neolitico al rovescio e dove l’acqua rosea che invade le insenature del lampadario restituisce riflessi che alludono ad eleganti candele.
O ad esempio “Come Simpodio #3” la cascata che Orlando colloca in alto allo spazio espositivo privandola di ogni possibile funzione, ma che accoglie con lo scrosciare continuo di un’acqua pigmentata e con la sua forma straniante, ma al contempo naturale.

Ancora una volta il regno delle piante torna in aiuto all’uomo per comprendere i fatti del mondo e comprendere se stesso, confermando il legame uomo-pianta trascurato e ignorato, ma che l’artista attento è capace di studiare e ripercorrere poeticamente per la produzione di visioni significanti e rappresentative.