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Nonostante Ballarò

Conversazione con Francesco Bellina

 

Si è concluso lo scorso novembre 2020 il PhotoVogue Festival, kermesse dedicata alla fotografia di moda. Gli interventi sono stati molteplici e noi ci siamo concentrati sul progetto Nonostante Ballarò condotto dagli artisti Antonio Marras e Francesco Bellina, presentato dalla galleria Metronom di Modena, la cui direttrice Marcella Manni, è preziosa collaboratrice da anni dell’iniziativa.

Sembra banale, ma Nonostante Ballarò, visibile sulla piattaforma online Artsy.com, non è il consueto servizio fotografico patinato alla moda. La location dovrebbe già suggerire il carattere trasgressivo del progetto: Ballarò, uno dei tre mercati più celebri della città di Palermo, un’esperienza immersiva e polisensoriale della tradizione più radicata del capoluogo siciliano. I protagonisti: sebbene Antonio Marras abbia da sempre prestato il proprio servizio alla moda seppure essenzialmente personale, individuale e dalle nuance sarde, Francesco Bellina, giovane fotoreporter si dedica unilateralmente a una fotografia di documentazione e di denuncia in giro per il continente africano. Il loro incontro è stato casuale, veicolato dai social, e come succede quando gli opposti si attraggono, è stato prolifico, beneficio e simbiosi reciproco.

Abbiamo piacevolmente conversato con Francesco che tra una sigaretta e l’altra al telefono ci ha raccontato premesse, aneddoti e conseguenze del progetto che ha allestito. Si è imposto fin dal principio con due condizioni: che si svolgesse a casa sua, nella sua Palermo, o almeno presa in prestito visto che è natio di Trapani, e con un solo flash. Questo ultimo prerequisito ci fa capire come Francesco si sia spontaneamente,

in modo naturale, arrogato il diritto di sindacare con coraggio su un campo che non gli apparteneva. Egregiamente diretto dal maestro Marras, ha combinato l’estemporaneità e l’istantaneità della fotografia da reportage alla più lenta e meditata fotografia di moda, la fotografia che più delle altre ha bisogno di luce (numerosi flash per esaltare le trame e i dettagli di un capo), di posa, di manipolazione e lavoro in post-produzione.

La moda è penetrata tra le bancarelle di Ballarò, ben accolta, giammai con timidezza – non è nelle corde degli autoctoni – e allo stesso tempo si è lasciata amorevolmente corteggiare dal carattere antropologico della fotografia di Bellina. Nonostante Ballarò, nonostante il background differente, Marras e Bellina sono rimasti coerenti nelle loro ricerche, Francesco giocava in casa nonostante la moda, Antonio ha giocato con i suoi ospiti, gli avventori di Ballarò, nonostante la distanza del luogo con la moda e insieme hanno dato vita a un servizio a cui attribuiamo la raffinatezza e l’eleganza dell’haute couture, e la profondità e l’intensità della fotografia di ricerca antropologica.

Francesco ci racconta una serie di aneddoti esilaranti per mostrare la porosità del mercato definito da lui sfincione alla locò (il dolce tipico siciliano ma all’aloko, ovvero il platano fritto, piatto tipico della Costa d’Avorio) esemplare della convergenza di numerose etnie, uno spot africano dislocato, museo etnografico en plein aire. Se ci limitassimo a considerare i tempi della fotografia da reportage, la velocità e i ritmi del mercato hanno ricordato a Francesco i tempi stretti, serrati e l’imprevedibilità dei servizi condotti sulle rescue boat, correndo fortunatamente meno rischi. “Tutti volevano essere vistuti”, nessuno indispettito dalla presenza dei due artisti, ognuno voleva dare il proprio contributo – in tipico stile ospitale dell’isola e dei tanti ragazzi africani – “dal ragazzo ghanese con il sogno di diventare cantante, a Nelson, cameriere di Benin City, al giovane dalla Gambia, tutti volevano essere vistuti”. Infine, per esaltare le commistioni tra culture, veri e propri incesti di matrice religiosa o sociale, Bellina racconta “quando Antonio ha abbigliato una ragazza del posto con un lungo vestito colorato, gli astanti l’hanno subito soprannominata la Madonna di Ballarò”.

“La mia ingenuità in fatto di fashion – ci rivela Francesco – mi ha dato il coraggio di osare non conoscendone le regole, il mio lavoro è vicinissimo a quello di Antonio, lui dalla sua isola ne racconta i miti e le usanze attraverso i pattern dei suoi capi, io dalla mia racconto di gente lontana ma che si lega strettamente in un modo o nell’altro alla Sicilia, crocevia di passaggi temporanei e di innesti permanenti”.

 

In copertina: Nonostante Ballarò for PhotoVogue 2020 – ph. Francesco Bellina