Art

Mitikafe: a Skype interview

 

Mitikafe fa parte del secondo ciclo di residenze di ViaFarini/Archivio; il suo lavoro analizza tutte le sfumature della relazione umana con la tecnologia, sia essa rappresentata dall’interfacciarsi con un dispositivo, sia essa mera azione del navigare online. Questa relazione è carica di storie, di sentimenti e di percezione (nel senso fisico del termine) e Mitikafe le vive e affronta tutte da sempre, prediligendo la fotografia e il video. Si forma presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino in Nuove Tecnologie per l’Arte.

 

 

Internet e i dispositivi tecnologici sono alla base del tuo lavoro e, possiamo dire, della tua vita. Parlaci di come hanno assunto valore nel tempo e sono diventati la modalità di comunicazione primaria del tuo lavoro.


Ho iniziato a frequentare internet nel 2006 e nei due anni successivi mi sono avvicinata alla fotografia. Inizialmente utilizzavo molto i blog ed è stato proprio lì che, per la prima volta, ho condiviso le mie foto. La mia pratica artistica è nata in contemporanea alla mia vita su internet e, per questo, le ritengo fortemente connesse tra loro. I dispositivi, per me, sono sempre stati fondamentali: al pari delle persone. Le “amicizie” digitali sono state importanti per la mia crescita tanto quanto quelle “fisiche”. Inizialmente mi concentravo molto più sulla fotografia (sempre condivisa tramite internet e dispositivi digitali), ma poco dopo ho capito che le foto soltanto non bastavano per discutere di ciò che davvero mi interessava. Non erano, infatti, solo le fotografie ad essere importanti, ma anche il modo in cui le condividevo e le visualizzavo. Era tutto il mondo digitale (sociale ed estetico) che si era costruito dietro alle mie foto ad essere affascinante, per la mia ricerca. Ho iniziato a riflettere sull’utilizzo dei dispositivi, sul ruolo che rivestono nella nostra vita, sui piccoli mondi e contatti che creiamo tramite internet; inevitabilmente mi sono aperta ad altre possibilità e ad altri mezzi, che spero mi possano aiutare ad esplorare appieno il rapporto tra umani e non-umani digitali. Diciamo che è stato un processo naturale ed inevitabile verso qualcosa che c’è sempre stato, ma ha avuto bisogno del suo tempo per rivelarsi completamente.

 

Adesso che la nostra quotidianità è uscita dal lockdown, c’è qualcosa che di questo periodo che vorrai esplorare e/o inserire nel tuo lavoro?


In realtà per me, lockdown o meno, non è cambiato molto. Ho sempre praticato auto-isolamento quando potevo (e volevo), e ho sempre vissuto utilizzando molto i dispositivi ed internet. Credo che continuerò normalmente il mio lavoro, così come ho sempre fatto. Spero però che, finito questo momento di pausa, io possa riprendere a lavorare ad alcuni progetti che richiedevano l’aiuto e l’incontro con persone; come ad esempio My dear old internet friends. È un progetto fotografico basato sul contattare ed incontrare alcune delle mie vecchie amiche conosciute tramite blog; è sicuramente uno dei progetti più personali che io abbia mai fatto, e che ho dovuto rimandare a causa del momento di quarantena. Finito questo periodo spero di poterlo portare finalmente a termine.

 

Quali sono i tuoi progetti per VIR?

Vorrei concentrarmi sulla relazione tra spazio digitale e spazio fisico, dedicandomi ad un tipo di installazioni che avevo già sperimentato qualche anno fa che prevedono l’utilizzo di diversi tipi di dispositive, principalmente smartphone e tablet. Dopo questi anni sento che molte cose sono cambiate, nella mia pratica, e penso sia giusto tentare un diverso approccio a questo genere di installazioni. Vorrei dedicarmi più all’atmosfera che creano e alla fruibilità dei dispositivi in mostra da parte delle persone.

 

C’è qualcosa che vorresti realizzare/raccontare in futuro e che attendi il momento giusto per elaborarlo?

Si, come dicevo prima i dispositivi per me sono al pari delle persone. Sono come degli amici. Per questo cerco di tenerli in vita, il più a lungo possibile, evitando di sostituirli continuamente. Alcuni dei miei dispositivi sono con me da davvero tanti anni e, tra questi, c’è il mio computer, del quale sto vivendo l’agonia, durante questi ultimi mesi. Non durerà ancora a lungo. Mi piacerebbe esplorare meglio questa idea dell’agonia e della morte dei dispositivi digitali, ma, ovviamente, prima devo aspettare di subire il lutto. Una volta subito penso sarà più facile cercare di esplorare il ruolo sentimentale che i dispositivi hanno nelle nostre vite e il vuoto che lasciano quando ci abbandonano (e la pratica della sostituzione).