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Intervista a Piergiorgio Zangara
di Cristina Costanzo

La Galleria Marelia rende omaggio a Piergiorgio Zangara, esponente del Movimento Madi Internazionale, con la mostra “Piergiorgio Zangara. Dialogo con lo spazio”. Nato a Palermo nel 1943, negli anni ’70 si trasferisce a Milano, dove frequenta la Galleria Struktura e orienta la propria produzione alla ricerca astratta e geometrica.
Incontriamo l’artista per discutere della sua ricerca intimamente legata a quella del Madi. Tanti i cataloghi e i testi degni di nota dedicati al movimento, tra i quali citiamo almeno “Da Madi a Madi” di Emma Zanella Manara (1999) e “Geometrie di Luce” di Laura Bica (2011).
Tra le peculiarità delle opere Madi ricordiamo l’introduzione della poligonalità, l’abolizione della cornice, la distruzione di tutti i condizionamenti della tradizione geometrica, l’uso di materiali non convenzionali, la forte valenza ludica e la tendenza alla sperimentazione ispirate al principio teorizzato da Carmelo Arden Quin: “Madi è la non espressione, Madi è la non rappresentazione, Madi è la non simbolizzazione”. Le opere di Piergiorgio Zangara e di altri importanti esponenti del Madi sono presenti in prestigiose collezioni internazionali.

Chi è Piergiorgio Zangara? Raccontaci brevemente di te.
Sono nato a Palermo nel 1943 dove ho compiuto gli studi presso l’Istituto Statale  d’Arte. Ho insegnato dal 1965 al 2000 materie artistiche nelle scuole pubbliche. Nei primi anni della mia attività ho fatto parte del gruppo artistico-culturale legato alla galleria dell’editore S. F. Flaccovio, in auge a Palermo negli anni Sessanta. Dal 1961 ho aderito alle principali rassegne d’Arte nazionali ed internazionali in Italia e all’estero.
La mia pittura, all’inizio vagamente figurativa, nel corso degli anni si è via via orientata sempre più verso forme geometriche e, dopo il trasferimento a Milano, avvenuto nel 1975, e la frequentazione e la collaborazione con la storica Galleria  Arte Struktura, diretta da Anna Canali, si è legata a regole logiche e costruttive, spostando così la mia ricerca nel campo dell’Arte Concreta.
Nel 1991 ho conosciuto il Movimento Madi, ma vi ho aderito solo nel 1999, dopo un lungo periodo di approfondimento e di riflessione. Oggi, su designazione dello stesso Carmelo Arden Quin, ricopro la carica di direttore del Consiglio dei Consulenti per il coordinamento dei vari gruppi nazionali.

Sei tra gli esponenti del Movimento Madi Internazionale, fondato nel 1946 a Buenos Aires da Carmelo Arden Quin. Quali sono le caratteristiche principali del movimento?
Il Madi vuole un’opera che non rappresenti nulla, non esprima nulla e non nasconda alcun significato simbolico, un’opera che sia solo se stessa, con la sua immanenza e la sua presenza fisica, alla stessa stregua di un oggetto avente una esclusiva funzione ludica.
L’opera Madi è una pura invenzione, una vera creazione, talvolta predisposta ad assumere sembianze e forme diverse, prerogative queste, che negli anni ’50 e ’60 hanno determinato la nascita dell’Arte Cinetica e Programmata, oggi in Italia più nota dello stesso Madi.

In che modo il Madi è riuscito a rinnovarsi negli anni?
Il Madi si rinnova continuamente con il suo stesso sussistere. Non avendo alcuna relazione con il già esistente, ed essendo il frutto esclusivo dell’idea del momento, l’opera Madi non può che essere sempre attuale poiché nasce, oltre che dalle risultanze di una cultura acquisita e dalle esperienze passate, dal  nostro vivere quotidiano. L’utilizzo poi di tecniche e materiali innovativi fa sì che essa rispecchi sempre fedelmente il periodo nel quale è stata realizzata, senza alcuna possibilità di apparire superata.

Oltre al Madi, a quale artista o movimento ti senti particolarmente vicino? C’è stato un evento o un incontro capace di segnare una svolta nella tua ricerca artistica?
Non ho mai cercato ispirazioni dal lavoro degli altri, anche se in un particolare e breve momento del mio percorso artistico la mia ricerca è apparsa vicina a quella di Achille Perilli.  Quelle opere tuttavia evidenziavano con chiarezza il mio interesse esclusivamente indirizzato verso un’indagine scientifica e matematica e non palesavano certo un’impellente esigenza di pura espressività lirica e sentimentale.
A parte le conoscenze di personaggi carismatici avvenute negli anni della gioventù, che malgrado tutto hanno poco influito sulla mia produzione artistica, un incontro che posso definire determinante è stato quello con Carmelo Arden Quin, che pur non essendo stato in nessun modo influente nella la mia scelta di aderire al Movimento da lui fondato, ha chiarito e rafforzato la mia convinzione nel seguitare a percorrere la strada intrapresa. Durante gli innumerevoli incontri che si sono susseguiti negli ultimi anni della sua esistenza egli, a volte anche con un dialogo muto, ha saputo infondere in me certezze e verità che tutt’oggi sostengono ed aiutano il modo di fare etico ed estetico che mi contraddistingue.
Tutte le altre occasioni d’ incontro che, per lo stesso fatto di appartenere ad un Movimento di portata internazionale, periodicamente si concretizzano  con dei colleghi tutti votati alla medesima causa, sono sempre forieri di arricchimento spirituale, ma hanno anche la prerogativa di risultare utili per un’evoluzione propriamente tecnica del mio lavoro, in quanto è in questi momenti che ci si scambiano informazioni su materiali e tecnologie innovative che possono essere già in uso in luoghi diversi dal contesto geografico nel quale io vivo.

Nel catalogo della mostra promossa dalla Galleria Marelia, Matteo Galbiati scrive: “Il luogo dell’accadere dell’opera di Zangara entra nella scelta che lo sguardo fa sul taglio delle sue forme. La luce ne rivela ortogonalità inedite e verificabili solo con quei parametri e con quelle condizioni del suo esserci. Il dialogo tra opera e luogo si fa serrato, come detto, con l’intervento della luce, che genera una vivificante proiezione di ombre e allarga l’opera stessa ad un doppio sulla parete. L’opera è agente moltiplicatore di sé nello spazio attraverso il rapporto con le sollecitazioni esterne”. Tu come definiresti le tue opere e il tuo lavoro?
È assai difficile parlare di se stessi e del proprio lavoro e evitando di farsi condizionare da quanto possano dire gli altri, forse più obiettivi, su di noi, ma tenterò di farlo ugualmente cercando al contempo di essere breve.
Ormai da tempo non sono più interessato alla narrazione di fatti, momenti e cose, né ad esprimere la mia spiritualità  e non sono mai stato attratto dal ricorrere alla simbologia. Realizzo le mie opere, che ovviamente continuano a far parte del percorso evolutivo della mia ricerca e sono sempre il frutto del mio vissuto, con l’intento di lasciar libero il fruitore di provare le proprie emozioni, e di sviluppare un proprio pensiero. Cerco di chiamarlo ad assumere un ruolo attivo con una sua partecipazione diretta per entrare nel mio stesso gioco costruttivo a volte in maniera virtuale e a volte in maniera reale sottoponendogli strutture modificabili.
L’estetica Madi ha infatti in sé, come ho già detto, una essenza ludica che induce, come ogni gioco, a ricercare quella creatività e quella fantasia che si nasconde in ognuno di noi, suscitando altresì considerazioni e momenti di riflessione utili al nostro sviluppo intellettuale ma che, per il vorticoso ritmo esistenziale al quale siamo incessantemente sottoposti, spesso sono poco presenti nel nostro vivere quotidiano.
Altro mio proponimento è quello di creare un’opera che con le sue qualità intrinseche, dovute alla sua corporeità e alla sua forma aperta, ai materiali, trasparenti e coprenti, lucidi ed opachi e che determinano proiezioni e rifrazioni ampliandone e moltiplicandone  l’immagine, riesca a dialogare con lo spazio divenendo in tal modo una cosa vera, ed oserei dire viva, che non possa mai essere scambiata per la rappresentazione di un qualcos’altro di già esistente.

Fino all’otto maggio la Galleria Marelia di Bergamo ospita la tua mostra personale, a cura di Paola Silvia Ubiali con testo critico di Matteo Galbiati, “Piergiorgio Zangara. Dialogo con lo spazio”. Che progetti hai per i prossimi mesi?
I miei progetti futuri restano quelli di continuare ad occuparmi, sia con la promozione di eventi specifici sia con il proseguimento del mio impegno artistico personale, della divulgazione del Movimento di cui faccio parte in modo che i suoi principi etici ed estetici possano affermarsi in maniera definitiva.
Per entrare nello specifico dei miei impegni personali posso anticipare che a luglio parteciperò ad una grande mostra sull’Astrattismo in Australia, su invito della Galleria  Stella Downer di Sydney, e che a settembre sarò presente per il quinto anno consecutivo al Salon delle Réalités Nouvelles di Parigi.

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(1) Piergiorgio Zangara, Opera Madi N 196, cm 47x44x11, legno+plexiglass, 2011.
(2) Piergiorgio Zangara, Opera Madi N 230, cm 48x51x8, legno+plexiglass, 2012.
(3) Piergiorgio Zangara, Opera Madi N 228, cm 49,5x58x11,5, legno+plexiglass, 2012.
(4) Piergiorgio Zangara, Opera Madi N 203, cm 60x90x6, legno+plexiglass, 2011.

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