Graziella la sacerdotessa del perpetuo rituale domestico
Editoriale di settembre 2025
Conosco il progetto Io sono Graziella di Giuseppe Anthony Di Martino da diversi anni, probabilmente sin dagli inizi, ma solo quest’anno ho potuto approfondire questo percorso di ricerca, proprio quando Giuseppe mi ha chiesto di scriverne. Il titolo che ho scelto per il mio testo è significativo (e quasi una dichiarazione d’intenti): Graziella la sacerdotessa del perpetuo rituale domestico.
Settembre apre così una stagione di riflessioni dopo un’estate intensa: da Fano a Bologna, racconto un itinerario che intreccia pratica curatoriale e scrittura critica.
Da Fano a Bologna: a settembre si tirano le somme
Il mese di giugno è stato per me una tappa importante: prima l’esperienza a Centrale Festival a Fano, poi la personale di Giuseppe Anthony Di Martino presso lo spazio b5 di Bologna, occasione che mi ha visto coinvolto anche come autore del testo critico. Due appuntamenti che hanno messo in luce la pluralità del mio lavoro: da un lato il confronto con un festival di fotografia e arti visive radicato nel territorio marchigiano, dall’altro il dialogo ravvicinato con l’opera di un artista e con il suo universo intimo.

Installazione nella cappella della Rocca Malatestiana di Fano per la mostra Symbolum di Centrale Festival. 6-22 giugno 2025. Ph Lorenzo Babbi.
È proprio a Bologna che ho avuto modo di presentare il progetto di Giuseppe Anthony Di Martino, Io sono Graziella, scrivendo il testo che accompagnava la mostra (se vuoi puoi leggerlo qui) curata da Lorena Zuniga Aguilera. Rileggendolo oggi, a distanza di qualche mese, sento l’esigenza di tornare su quelle riflessioni e condividerle in questa sede editoriale, dove il cuore del discorso resta Graziella la sacerdotessa del perpetuo rituale domestico.
La costruzione di un’iconografia intima
Nel testo critico sottolineavo come Io sono Graziella sia un’opera complessa e stratificata, capace di intrecciare memoria e tempo attraverso un dispositivo che unisce video, fotografia e installazione. Al centro c’è la figura di Graziella Carpintieri, nonna dell’artista, la cui vita quotidiana si trasforma in narrazione poetica e rituale.
Scrivevo:
“Il progetto nasce da una relazione profonda e concreta con la figura della nonna e si configura come un’indagine affettiva e simbolica che prende la forma di un racconto per immagini. Il lavoro supera la dimensione documentaria per aprirsi a uno spazio rituale, quasi mistico.”
Questa dimensione rituale è ciò che, ancora oggi, mi appare come la chiave di lettura più forte: una memoria che non resta privata, ma che diventa iconografia condivisa, un ponte tra intimità e collettività, come ho voluto sottolineare nel titolo Graziella la sacerdotessa del perpetuo rituale domestico.
Una madonna laica
Un altro passaggio del mio testo a cui tengo molto riguarda la figura di Graziella come “madonna laica, diva domestica”. L’opera infatti ci mostra una donna-madonna-bambina, una presenza ossimorica che tiene insieme rigore e abbandono, decoro e fragilità, permanenza e disfacimento.
Nel testo della mostra scrivevo:
“La casa si trasforma in altare; gli oggetti, in reliquie; le azioni quotidiane, in liturgie e preghiere. Questa sacralità non è imposta, ma nasce da una pratica condivisa, da un gioco di scambio tra artista e soggetto.”
Questa capacità di trasformare il quotidiano in un atto sacrale è ciò che, a mio avviso, dà al lavoro una forza universale. In questo senso, il progetto rafforza l’idea di Graziella la sacerdotessa del perpetuo rituale domestico come immagine archetipica e insieme fragile.
Una luce che resta
L’opera di Giuseppe Anthony Di Martino ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali, ma al di là dei premi ciò che rimane è la verità del gesto artistico. In conclusione scrivevo:
«La figura di Graziella non svanisce: rimane, come una luce discreta ma tenace, a indicarci la strada.»
Quest’anno, inoltre, nell’ambito del festival Il Rumore del Lutto – progetto culturale nato a Parma nel 2007 da un’idea di Maria Angela Gelati e Marco Pipitone, con l’ambizione di aprire un nuovo spazio di dialogo e riflessione sulla vita e sulla morte attraverso un confronto interdisciplinare e trasversale – Di Martino presenterà Responde Mihi, un’installazione audiovisiva site specific ideata per il Pantheon della Certosa di Bologna.
Si tratta di un lavoro inedito che, partendo da Io sono Graziella, elabora una serie di suggestioni legate alle ritualità del Sud Italia, componendo un paesaggio sonoro che è “oltre”, in un ambiente che mira a tessere legami con l’impercettibile e che si consegna all’immaginifico. Il Rumore del Lutto è il primo Festival di Cultura in Death Education, e accoglierà questa nuova tappa della ricerca dell’artista.
Tirando le somme, credo che sia proprio questo il compito dell’arte: lasciare una traccia che non si esaurisce nello spazio espositivo, ma che continua a vivere nel pensiero e nello sguardo di chi osserva.
Settembre, allora, si apre con questa immagine: Graziella, sacerdotessa del perpetuo rituale domestico, presenza fragile e insieme luminosa, che ancora mi accompagna e che rinnova il senso stesso del mio lavoro curatoriale.