Art

L’arte per mantenere la memoria

I ricami di Giovanni Gaggia per tenere unite la pratica, la poetica e la politica

 

Domandarsi che tipo di funzione abbia l’arte è una domanda che ad oggi risulta ridicolizzare l’arte stessa, alludendo ad una sottesa idea comune che quest’ultima –specie quella contemporanea– sia pressoché inutile e di conseguenza insignificante per la società. Di fatto l’arte non ha nessuna funzione apparente e non ha necessità di esistere, dunque il suo essere infruttuosa indurrebbe a chiedersi sapientemente per quale motivo continui ad esistere. Per tal motivo sarebbe più opportuno un ribaltamento concettuale dell’arte stessa, passando dalla generica e superflua funzione che dovrebbe avere, alla particolare e specifica funzione che ogni artista le attribuisce; l’arte acquista così più significanti di quanti si possa pensare.

È infatti nell’ottica di attribuire una funzione all’arte che Giovanni Gaggia (1977) agisce e una volta imbevuta del suo determinato incarico, se ne appropria in modo personale e la rende metodo di conservazione della memoria, della storia e della verità. La sua mostra “Quello che doveva accadere. Pratica, poetica, politica” a cura di Desirée Maida e allestita al primo piano del Museo Riso di Palermo, si focalizza sull’importanza della verità e della memoria, denunciando gli ancora prolungati silenzi sulla strage di Ustica del 1980.

 

Giovanni Gaggia, “Pratica Poetica Politica”, Palermo Museo Riso, foto M. A. Sereni.

 

Gaggia riesamina attentamente il fatto storico, riflettendo per l’appunto a quella incerta e combattuta funzione dell’attività creativa, che tra audio, video (frutto di un importante laboratorio in cui l’artista ha discusso di memoria e responsabilità civile con gli studenti del Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Palermo), disegni, e ricami, svela la sua determinante responsabilità: il raggiungimento della giustizia e la conservazione della storia.

Sono propri i ricami realizzati dall’artista marchigiano che si caricano di allegorico significato, in quell’intento di rimarginare ferite incurate. Ricamare diventa gesto performativo, ripreso e mostrato, un’attività certamente pratica che dà prova della cecità comune dinnanzi a fatti tenuti incerti, ma che in tal modo si fa poetica che materializza pensieri e concetti inerenti e politica che delinea l’essere parte della società.

L’arte è quel mezzo attraverso il quale gli artisti interpretano i fatti e li riportano sotto nuova forma all’interno della stessa società dalla quale vengono, con intenti sempre diversi; la memoria e la verità sono alla base della riflessione artistica di Giovanni Gaggia, che con responsabilità eleva intellettualmente l’arte a un fare politico tipico d’un tempo passato in perfetta collimazione con la contemporaneità.

 

In copertina: Giovanni Gaggia, “Quello che doveva accadere”, 2015, performance, foto Michele Alberto Sereni.