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  Franco Ferro | Yesod vs Malkuth

 

La mostra personale di Franco Ferro Yesod presso la galleria Massimo Ligreggi a cura di Enzo Gabriele Leanza ha inaugurato giorno 10 giugno ed è possibile visitarla fino al 10 settembre.

Le serie fotografiche di Ferro – un amateur della fotografia alla quale si approccia con l’incanto e lo stupore tipici del profano – sono in linea con le esigenze scatenate dalla calura estiva, emanano quiete, freschezza e una bastevole dose di voyeurismo.

Quiete
non significa né assenza di movimento né silenzio: il ritmo compositivo legato ai trittici e alla distribuzione dei lavori in fase di allestimento alleggerisce la frequenza della ripetizione dello stesso soggetto per far diventare la serie in sé un elemento del display. La linea retta e “non mossa” degli orizzonti catturati da Franco diventa dinamica se osserviamo le fotografie in sequenza. Come se componessero le linee di un pentagramma al cui interno i vari soggetti fungono da note, punctum, di Barthesiana memoria. Musica e visione in sinestesia.

Freschezza rifugge dall’accezione sensibile del termine poiché rientra nell’uso originale della tecnica da parte di Ferro. Il fotografo infatti si serve dell’estensione dell’esposizione per trarci in inganno. A livello superficiale sembrerebbe acquerello. Se ci approssimiamo ci accorgiamo della “fluidità onirica necessaria per smaterializzare l’identità personale” dei soggetti non-ritratti, data dalla fotografia, non obbligata ad essere fedele al suo oggetto.

Voyeurismo (Q.B.). Da un lato la scelta del titolo Yesod deriva dalle dieci sephirot che compongono l’Albero della vita spiegate nell’antico testo esegetico SeferYetzirah del IV sec. Come si legge nel testo critico di Enzo Gabriele Leanza –

«l’artista tra queste sephirot ne ha presa in considerazione una in particolare, quella di Yesod (Fondamento), che si trova nella parte bassa dell’asse centrale dell’Albero, quella dell’equilibrio […]. Quindi Yesod ha la funzione di catalizzare ma, al tempo stesso, essendo direttamente connesso con Malkuth – la sephirot che rappresenta il piano fisico – è anche un trasmettitore e un ponte di collegamento tra la dimensione spirituale e quella materiale.»

La distinzione tra le due dimensioni mi rimanda immediatamente al binomio insito della fotografia: la sua funzione rappresentativa e quella presentativa, il piano fisico, obiettivo e quello opinabile di uno scatto. Per cui, nel caso di Ferro, la fotografia non si rimette esclusivamente alla realtà correlata in modo puntuale e retinico, bensì lascia che il risultato sia la somma del volere del fotografo, della realtà immortalata, di ciò che il fotografo crede che sia e ciò che noi crediamo che sia. Da buoni voyeur possiamo ritenerci soddisfatti della combinazione sinestetica e armonica.