Art

Tra me e me, tra tu e io

Ma tu rimani a Casa Vuota

Una personale di Lorenzo Montinaro

 

A Casa Vuota, Roma, il 20 settembre è stata inaugurata la prima mostra personale di Lorenzo Montinaro (Taranto, 1997), Ma tu rimani, a cura di Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo. Lo spazio si presenta come un appartamento disabitato in un condominio del quartiere Quadraro a Roma. Nelle stanze sono state mantenute le carte da parati, i buchi  e le imperfezioni, così come i chiodi delle mostre precedenti. È tra questi resti e reminiscenze che si costruisce la mostra di Montinaro, un percorso intimo che raccoglie lavori di serie diverse che co-abitano le stanze della casa innescando dialoghi complessi.

Sulla soglia della prima camera vi è una lastra in marmo su cui si legge cordone. Apre ad un ambiente in cui la dimensione materna viene delineata dalle parole che si raccolgono per lo spazio. Sul muro di destra incorniciato dai due scaffali che compongono il lavoro C’eri, 2020, vi è un marmo parte della serie Canzoniere della morte, su cui sono incise le parole l’odore della pelle di mia madre. Difronte, una lastra che dice resto tuo. A distrarre da questa tensione è un lavoro posto a terra in un angolo, che richiede attenzione e afferma amai.

Le dichiarazioni di questa stanza tessono la griglia narrativa di una storia che lə osservatorə può cogliere ma non afferrare. Pare un tentativo di raccontare una storia ma senza svelarla, mantenendo in-narrati dei significati. Questo vuoto esperito da chi non è protagonista di quella storia, sembra essere colmato dal prendersi cura e amore che Montinaro ha voluto rendere accessibili, o forse non ha potuto celare.

Diversa è la seconda stanza, che si raggiunge dopo aver percorso un corridoio. Questa era la camera da letto della casa – la tana come cita uno dei lavori dell’artista – con una carta da parati giallognola a fiori rosa; sulla parete di destra i segni lineari neri che si vedono sono dati da anni di movimenti del cavo telefonico a contatto con il muro. I lavori di Montinaro in questo ambiente sembrano mantenere la loro indipendenza spaziale e narrativa. Occupano angoli, pavimenti e pareti, senza però saturare lo spazio. Si può accedere comunque a dei messaggi sottili o criptati, se si rimane con il lavoro abbastanza e se si viene consigliatɜ.

Una lastra di piccole dimensioni su cui si legge la parola anima, che si trova nell’angolo alla sinistra della porta, crea un asse di comunicazione con MASA TESE RIASA, 2022, che si trova appoggiata al muro opposto. Chi ha guardato 8 ½ di Fellini, ricorderà la formula asa nisi masa, un termine criptato con alfabeto serpentino. In quel caso il vocabolo in questione era anima. L’operazione di Montinaro sta nel criptare invece la parola materia che si oppone, nell’ambiente e nel significato, a anima, creando così uno scambio di contenuti tra i due termini. Materia diventa sfuggevole e anima viene presentata in un’impropria concretezza.

Non a caso questa dualità viene evocata nell’ultima stanza, che diventa luogo fisico dell’ambiguità della casa intesa come luogo sicuro ma anche architettura di vite altre, che non si conoscono ma che sono state e che hanno lasciato rovine del loro passaggio.

Il corridoio che si percorre per spostarsi da una stanza all’altra è uno spazio di mezzo, in cui sono installate, una in fronte all’altra, due lastre in marmo – collocate sopra delle superfici specchianti – su cui rispettivamente si legge io e te. In questo stesso ambiente si vedono lavori che dicono ma sei tu, io chi, lui. Il riflettersi dell’io nel tu e viceversa, e i visi di chi osserva riflessi anche essi negli specchi, portano a una proiezione di domini, dove non importa più chi sia tu o io ma è importante che ci sia testimonianza di questa presenza o assenza.

Molti dei lavori di Montinaro sono il risultato di interventi su lapidi che altrimenti sarebbero destinate ad essere distrutte. Cancellando biografie e dati personali e scegliendo di lasciare lettere che formano nuove parole e frasi universali, fa dello scalpellare un processo di scrittura, riscrittura, cancellazione ma anche svelamento. Chi osserva si trova interpellatə, messə di fronte a sé, al proprio esserci, a qualcosa che non c’è più e ciò che potrebbe rimanere.

Ma tu rimani apre a spazi altri dove locale ed universale si incontrano, memoria e perdita diventano parte dello stesso processo di elaborazione tra principi vitali – soffi – e consolazione. Nei lavori presenti in mostra personale e collettivo non si distinguono, l’insieme dei lavori diventa un potenziale autoritratto esteso. Chi entra non esperisce un’immedesimazione passiva nei principi universali evocati dai lavori di Montinaro, piuttosto si ritrova coinvolto in un appuntamento con , sospesə nello spazio tra io e tu.