Art

Arte e fabbrica:

gli opposti che si attraggono

 

“La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa.
L’arte è soprattutto visione.”

J. Dubuffet.

 

Gli ultimi due anni hanno messo a dura prova ogni contesto, siamo stati catapultati in una dimensione di vita che fino a qualche tempo fa avremmo interpretato esclusivamente come una fantasia lynchiana.

Come cantava qualcuno dal letame nascono i fiori, ed è proprio durante i vari lockdown che abbiamo visto fiorire nuove tendenze (leggi qui), nuovi sistemi di fruizione digitale (leggi qui), viewing room (leggi qui) e nuove tipologie di residenze, virtuali (leggi qui) o in spazi diversi dai soliti luoghi espositivi.

Fortunatamente il campo dell’arte è sempre stato fertile e propenso alle sperimentazioni ibride tra mondi reputati concettualmente antistanti, intere generazioni illuminate hanno spinto le proprie imprese verso la contaminazione artistica, con ricadute positive sul business e sulle dinamiche aziendali. David Rockefeller, in qualità di amministratore delegato della Chase Manhattan Bank, decise di acquistare opere d’arte e creare una collezione che divenne modello per altre società in tutto il mondo.

In Italia, le tre Gallerie d’Italia sono state create dalle collezioni di Intesa Sanpaolo, ma il fenomeno delle corporate art collection interessa oggi un numero sempre più crescente e diversificato di imprese che coinvolge fondazioni, società di manifattura, moda e design. Le aziende si mostrano sempre più attente all’impegno sociale, aprendosi alla cultura e alla multidisciplinarietà. L’arte può aiutare le stesse ad avere una visione creativa e innovativa per attuare una pianificazione strategica e ad alto impatto, con risvolti positivi sul rapporto tra e con i lavoratori, sulla comunicazione ai consumatori e sulla relazione con il territorio in cui le imprese operano.

Tra il 2018 e il 2019 la regione Veneto, con il supporto del dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari, ha dato vita al primo esperimento di residenza artistica in azienda attraverso un progetto di Art Thinking che ha visto coinvolti sei artisti con l’obiettivo di sviluppare sinergiche idee progettuali all’interno di sei diverse aziende. A causa del Covid, il progetto si è dovuto poi spostare sulle piattaforme online, senza però arrestarsi.

Rimane salda l’idea che l’incontro tra realtà diverse rappresenta un potente mezzo di riavvicinamento con la comunità, soprattutto in un periodo in cui il distanziamento è imposto. E l’arte, per sua natura, è testarda e resiliente.

Nasce così il progetto Ultravioletto, fondato in piena pandemia dalla curatrice Sonia Belfiore (leggi qui l’intervista), con lo scopo di sostenere il lavoro di giovani artisti in un momento così complesso.

Il progetto si sviluppa in residenze di breve durata in cui l’artista viene ospitato all’interno degli stabilimenti produttivi di un’azienda per conoscerli da vicino e creare due opere che facciano da connettivo tra il modus operandi aziendale, caratterizzato dai materiali e prodotti specifici, e la personalità dell’artista stesso.

In questo binomio arte-impresa, gli attori coinvolti vengono stimolati positivamente l’uno per la creazione di un lavoro innovativo, l’altro incentivato dalla potenza comunicativa dell’arte in grado di aumentare la sua brand awareness e brand position.

Ad oggi si sono concluse tre residenze e dall’ultima è nata Lilith, un’istallazione, archetipo di libertà e sensualità. L’opera realizzata da Nicole Colombo in collaborazione con Nord Resine, è una ciocca di capelli nero corvino in fibra di carbonio che si auto genera dal terreno, si sviluppa vorticosamente su sé stessa per finire libera verso lo spazio, come dopo la fine di una quarantena.

 

Qui il link all’intervista a Sonia Belfiore.