Art

I CAN’T SEE BEYOND THESE FUCKING CLOUDS

la mostra personale di Alessio Barchitta

 

Si è conclusa domenica 4 ottobre, presso lo spazio Bunkervik – Il rifugio delle idee di Brescia, la personale di Alessio Barchitta, vincitore del Premio Nocivelli, I can’t see beyound these fucking clouds a cura di Daniele Astrologo Abadal che, per un mese, ha accompagnato il fruitore in una dimensione altra, fatta di rumori, luci e ombre attivatori indiscussi di interpretazioni e percezioni. Lo spazio Bunkervik di Brescia è un ex rifugio antiaereo costruito negli anni 40 a protezione dei cittadini; è un luogo insidioso e con una personalità forte e imponente: l’installazione di Alessio Barchitta anche.

Quante volte, camminando per strada, ci siamo imbattuti in uno di quei totem pubblicitari che offrono informazioni su un prodotto o ci mostrano un capo d’abbigliamento, ma che lo fanno in un quantitativo di tempo talmente rapido da non permetterci di capire, in realtà, cosa stiamo percependo? Che invito all’osservazione ci fornisce un elemento come questo? Nessuno.

Fermati, osserva, ascolta, leggi, scruta, guarda, osserva il reale, allena lo sguardo a vedere e riconoscere, sono solo gli intenti di base che scaturiscono dal lavoro dell’artista e, nella condizione sociale che caratterizza la nostra vita, si integrano e intrecciano perfettamente.

L’armadio creato da Alessio Barchitta è un elemento vivo che respira, si muove, subisce modificazioni dall’ambiente che lo circonda, e comunica. Lo spazio all’interno del quale è collocato si relaziona in un modo tutto suo con questa opera viva e la accoglie come fosse su un palcoscenico, invitandola a esibirsi. Questa “performance” prevede un allestimento che coinvolge in maniera significativa anche la luce. Il rifugio antiaereo è formato da due corridoi paralleli che comunicano tra loro alle estremità; i due tunnel sono illuminati in modo che, da un lato, l’armadio possa essere l’unico riferimento luminoso e dall’altro la luce la faccia talmente da padrone da annullare tutto quello che si è affermato nel corridoio parallelo e riscrivere le percezioni.

Alessio Barchitta lavora da sempre con elementi tipici della dimensione casalinga che proviene da una cultura legata alla relazione con le radici indagata dall’artista nella misura in cui oggi, questa relazione, è bistrattata e considerata quasi come un vincolo volontario e oggettivo allo stesso tempo, creando un fenomeno sociale che caratterizza l’individuo di oggi. L’armadio, e il modo in cui è stato trattato e preparato per l’installazione, diventa simbolo di questo fenomeno; l’artista lo decontestualizza e lo rigenera – l’elemento è infatti incendiato – fino ad animarlo, attraverso un meccanismo realizzato ad hoc, permettendogli di aprire e chiudere le ante per generare un movimento creatore.

Entra così in gioco un altro elemento, che ritroviamo anche nel titolo, le nuvole. Su un cielo stampato su un rullo lungo 25 metri – per la mostra ne sono stati utilizzati quattro – l’armadio agisce stampando il suo “disappunto”: I can’t see beyond these fucking clouds. Questa scelta di parole, e quindi questa affermazione, può essere considerata come una sorta di imprecazione giocosa, come dichiarazione dell’intento di voler vedere oltre, di prendersi il tempo per osservare. La scelta è ricaduta sull’elemento armadio perché carico di una valenza standard e perché può essere interpretato a più livelli, dalla valenza giocosa – detentore di posti fantastici e nascondiglio prediletto – a luogo di protezione di segreti, talvolta spaventosi.

Attraverso delle spugne imbevute nell’inchiostro blu e incollate sulle ante dell’armadio, esso stampa la sua dichiarazione, il suo “disappunto” verso l’incertezza che anima la società di oggi, in blu su un accogliente cielo azzurro che scorre lentamente dentro di sé e che viene risputato fuori a conferma di uno degli intenti del progetto: allenare lo sguardo a vedere e riconoscere.

Del momento creativo generato dall’azione dell’armadio è stato prodotto un libro d’artista, realizzato con il sostegno del Premio Nocivelli.

L’osservatore socialmente distratto, disinteressato e poco allenato ha occasione, in questa dimensione creata da Alessio Barchitta (leggi l’articolo Fluid like concrete, tough like sand), di non perdersi determinati concetti esposti in un tempo reiterato e, in quanto tale, intimo e altamente percettivo.

Courtesy Premio Nocivelli