Art

Where the stars sleep: Roma

Quando le stelle cadenti risalgono a un’unica speranza

 

Sin da bambina Valentina Colella ha creduto – e continua a farlo – che le formazioni calcaree sferiche trovate sul Monte Playa di Introdacqua – suo paese di nascita e di vita attuale- fossero le stelle cadute e già desiderate. Visione perfettamente tangente alla ricerca artistica di Valentina che sta a metà tra l’infanzia e la vita adulta, tra la speranza e la disillusione, il volo e la caduta. Visione tangente ma non coincidente, infatti la sua riproposizione scultorea in luoghi e forme diverse è conduttore di una riflessione unicamente positiva, gioiosa, fresca ma allo stesso tempo matura: è la presa di posizione dell’adulto che esprime un desiderio con la stessa fede di un bambino. È un dono che nasce dall’immaginario dell’artista e passa a quello di tutti.

Questo “tutti” è espresso proprio dai diversi luoghi che il progetto ha raggiunto e dalle varie, conseguenti forme che ha assunto. Le stelle, queste piccole sculture, plasmate dai desideri dei vari luoghi in cui si sono posate sono state sempre donate fisicamente al pubblico indigeno: quello di Introdacqua (Abruzzo, 2016), poi del Sudafrica (Capo di Buona Speranza, 2017), dell’Uruguay (Montevideo, 2018) e di Milano (Amy-D Gallery, 2018), sino a raggiungere Roma (AOCF58, Galleria Bruno Lisi), dove saranno donate ai visitatori che le sceglieranno il 26 ottobre, in occasione della Rome Art Week – RAW 2019.

Qui il V capitolo di “Where the stars sleep” ha assunto le forme di un progetto in collaborazione con l’Accademia di Belle arti cittadina e, in particolare, con gli studenti del corso di “Tecniche della scultura” del Prof. Vincenzo Varone, presso cui Valentina Colella è stata cultore all’insegnamento.

Artista e studenti hanno pensato di partire dalla silhouette di Roma vista dall’alto, o meglio dalla sua visione tramite Google maps. Sviluppata poi in 3D la stella è stata plasmata in sanpietrino, a significare l’intimo legame con il luogo in cui è caduta in questa edizione. Per la prima volta le stelle sono state realizzate a strati di colore: arancione, bianco, rosa e il nero-grigio proprio del sanpietrino tradizionale. Inoltre in questa occasione la stella è stata personalizzata non solo su influsso del luogo ma anche del singolo artefice: ogni ragazzo ha realizzato, interpretandola liberamente, la propria forma in argilla e ha visto moltiplicare il suo modello, trasposto in gomma siliconica, in 15 gemelli identici, per una cascata di stelle ammontante a un totale di 116 pezzi.

La possibilità di scegliere la propria stella, di portarsi a casa il proprio desiderio plasmato e donato da un’altra persona rappresentava già un contatto diretto tra noi e l’Altro, attraverso il legame di una speranza personale ma unica al tempo stesso. L’aggiunta della pluralità autoriale rende ancora più ampia, più diversificata la rete fatta di desideri e quindi la connessione dei singoli individui attraverso la più spontanea, archetipa forma di bellezza: la speranza.

Photo credits: in didascalia