Art

Così sia

Quando la risposta sta nella domanda

 

Si è da poco conclusa, presso la galleria d’arte Plus One di Anversa, la mostra dell’artista Lysandre Begijn la cui ricerca non lascia per nulla indifferenti. Provare per credere.

 

Riguardandosi nell’accorciare le distanze che lo separano dal prendere posizione distinta all’interno del discorso circa un ipotetico orientamento culturale e agendo in funzione del mantenimento di un profilo in tutto e per tutto diplomatico e neutrale, in occasione di Echo’s Answer lo spazio della Plus-One Gallery sceglie di vestire i panni di un vero e proprio luogo di culto, collocabile tra la dimensione empirica terrena e i limiti del metafisico. Un tempio singolare in cui si narra il viaggio animista di Lysandre Begijn, tentativo di riconciliazione generazionale tra le forme rituali primigenie – che permangono tuttora sotto forma di retaggio – e i più svariati dogmi contemporanei suburbani, nonché frutto di una ricostruzione iconografica millenaria.

A precedere la liturgia artistica, un cerimoniale sinestetico atto – complice involontaria la pioggia che scandisce con ritmo deciso le Fiandre d’inverno – alla purificazione dell’anima, al riorientamento dello sguardo, all’accoglienza totale dell’onda sonora che rimbomba tra gli archi degli edifici sacri. Echo. E se l’aspettativa di tale fenomeno risiede nel rapporto acustico causa-effetto dei passi pellegrini, tutt’altra è la reale restituzione esperienziale. Il manto glicine che pavimenta l’intera superficie ovatta ogni rumore, smorzato ancor prima di nascere. Forse un invito ad abbandonare all’ingresso i propri calzari? Ecco la prima contraddizione di Echo.

Un pensiero perturbante interrompe il flusso ascendente originato dalla soffice distesa pastello: è il colore del presagio, del mistero, dell’instabilità. Secondo contrasto.

 

Ciò che appare rivolgendo finalmente lo sguardo alle pareti non fa che alimentarlo, tuttavia lo si scopre soltanto nel procedere graduale lungo le navate in cui si alternano con regolarità diciassette stazioni pittorico-scultoree accuratamente disposte. Causa principale dell’identità androgina dell’opera è il supporto in compensato, materia cooprotagonista sulla quale si adagia l’acrilico che si inserisce nelle crepe restituendo movimento alla ieraticità dilagante. Una rivisitazione giocosa della canonica pala d’altare mutata ora in rombo, ora in rettangolo, con bordo frastagliato – talvolta ornato da corde dai toni accesi – che funge da prolungamento del soggetto raffigurato. Sono molteplici i rimandi alle divinità arcaiche della mitologia ellenica e minoica, così come sono chiare le reminiscenze all’immaginario collettivo orientale e al registro iconico statico e bidimensionale comune ai geroglifici egizi, ma quelle che prendono vita dal soffio di Lysandre Begijn sono entità chimeriche ed eteromorfe a se stanti, creatrici di una cosmogonia del tutto inedita. Eppure, contrariamente alla stabilità effimera nella quale si rifugiano gli oracoli, le dee ermafrodite figlie dell’artista olandese esplicitano e riversano su chi le guarda tutta l’angoscia e il tormento della condizione e della sfera umane. Fiumi di lacrime sgorgano da volti deformati dal dolore diluito in gradazioni forti, spesse, profonde, cromaticamente opposte al pallore dei corpi, quasi non appartenessero loro. Il distillato che ne risulta diviene linfa nutriente dell’elemento vegetale attorcigliato, di tanto in tanto, da Lysandre attorno alle figure. È una natura appena accennata, delicata, sofferente e ciononostante ricca di speranza: una piccola epifania luminosa custodita con cura tra le mani, vicino a sé, dentro di sé. Riecco perpetrata l’antitesi. Echo.

Dopo aver passato in rassegna con adorazione ogni sosta illustrata si converge al cuore di un percorso tanto commemorativo quanto commiserativo. Scostando il Velo di Maya, firmato ancora una volta dall’artista con una delle sue veneri antropomorfe, si giunge al cuore pulsante dell’intero cammino: la cappellina delle reliquie. Uno scrigno interamente viola, il simbolo della discesa verso il putridume della corruzione sociale, ma al contempo climax paradisiaco di liberazione dal peccato a cui aspira il fedele. Qui sono conservati i nuclei fondanti dell’arte di Lysandre, fogli dai quali affiorano distintamente i tratti segnici peculiari di Begijn, che si mescolano e diventano un tutt’uno con lo sfondo. L’atmosfera è ridondante. Ancora una volta Echo.

Dove sta la risposta?

Answer: credere.

Porre la natura spirituale del proprio essere in condizione di adesione totale. Compiere un atto di fede perseverando il rinnovamento. Prestare devozione con atteggiamento dimesso, talvolta remissivo.

Lysandre Begijn nel suo essere profeta, sacerdotessa, narratrice onnisciente prende le distanze dal mondo sensibile – pur proponendo situazioni riconoscibili – e non chiede né impone di credere, piuttosto sceglie di condividere la sua ricerca fatta di infiniti echi in cui la risposta sta già nella domanda. L’importante è mettersi in ascolto.

Echo’s Answer.