Art

Paige Beeber

In the Games of the forms

 

La lucente sala della Dantestreet gallery di Linguaglossa, un ambiente ricavato dall’ex fabbrica di nocciole nel cuore della cittadina alle pendici dell’altisonante vulcano, ha accolto la mostra personale dell’artista newyorkese Paige Beeber, terza proposta espositiva nell’ambito del Sicily Artist Residence Program 2021.

Il panorama siciliano e la sua fastosa architettura, così diversa dallo skyline di New York, ha creato una fascinazione nell’immaginario pittorico dell’artista, che ha intensamente assorbito l’armonia del paesaggio circostante, restituito sulla tela in un gioco di forme astratte, dove modulari campiture di colore, frammezzate da reiteranti strutture geometriche, digradano l’intreccio delle pennellate e costituiscono piani illusionistici.

Se il critico americano Greenberg auspicava all’autonomia bidimensionale della pittura, recepita come forma pura e flatness, priva di riferimenti tridimensionali che non consentissero di tradire il medium, piuttosto Beeber trae spunto e ispirazione dalle architetture isolane, sintetizzandole in un linguaggio esclusivamente pittorico ed estrapolando gli elementi essenziali, segni figurativi, appena riconoscibili su cui si dischiudono aperture dai motivi labirintici.

La realtà osservata si piega, pertanto, alla decostruzione compositiva, in cui la verità oggettuale viene scomposta in tracce disseminate che riconducono la figurazione a sfumature di colore pieno e fluido. È nella differenza dell’impronta pittorica che si coglie l’essenzialità della materia.

La filosofia di Jacques Derrida, al quale viene dedicato un chiaro omaggio, diviene per l’appunto il supporto speculativo della pulsione ideativa di Paige.

 

«Le residenze d’arte ti offrono il dono del tempo per decostruire e immergerti ulteriormente nella tua pratica. Decostruzione è per me una parola chiave, attribuzione sia corporea che metafisica. Penso che la componente teorica sia evidente in tutte le opere, ma in particolar modo nei dipinti in miniatura, in cui stavo giocando con lo stesso concetto, mettendo in discussione lo scopo strutturale, dalla creazione del singolo nuovo dipinto al tocco molto rapido. Ho sempre dipinto, tuttavia ho anche un background nella scultura, quindi quando mi avvicino ai lavori, che si tratti di smontare il dipinto e ricucirlo insieme, creando questa illusione di spazio infinito, la decostruzione tangibile del significato e della composizione è cruciale».

 

La variopinta tavolozza si carica di toni molto accesi, ispirati alle tinte della visione che circonda lo sguardo curioso dell’artista, dal vivo rosso al nero intenso, che sembra rammentare la pietra lavica con cui sono realizzati i palazzi e la cenere vulcanica, il blu e il giallo, il viola e il verde, facendo un uso di dense passate materiche, altamente stratificate. Lo sperimentalismo e la mescolanza delle tecniche pittoriche, dall’acrilico ai colori ad olio e ai pastelli che conferiscono consistenza alla superficie di fondo, incanalano un flusso iridescente di sensazioni, per cui lo spettatore viene catturato dal vigore del tratto, perdendosi tra le linee morbide in una pluralità di scorci. L’artista, infatti, oltrepassa i confini del puro formalismo, talmente tanto che i suoi dipinti si animano di lievi percezioni sensibili, intermittenze malinconiche e inquiete, ma dominate da una profonda serenità ritrovata sotto lo splendente sole dell’isola. L’opera rimane aperta, si concede ad ulteriori letture, e rimanda a spazi inconsci che vagliano le nervature dello spirito umano.