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Sospesi tra realtà e finzione

in It’s All My Fault di Ryan Mendoza

 

Cosa succede quando realtà e virtualità si confondono? Ryan Mendoza e Fondazione OELLE presentano negli spazi della fON Art Gallery, It’s All My Fault, esibizione volta a riflettere la precaria condizione di incontro-scontro tra reale ed irreale.

 

La consapevolezza di trovarsi all’interno di una normale stanza d’albergo si scontra con la sua diretta esperienza. La 251 non è un ambiente come tutti gli altri. Esplorando la stanza cresce la sensazione di trovarsi in un luogo lontano nel tempo; messa in scena di qualcosa che è stato ma di cui, ormai, rimangono solo tracce. Realtà e finzione si confondono. Simile al vero, troppo vicino alla simulazione. Una scritta di un colore giallo acceso recita sul muro: IT’S ALL MY FAULT – è tutta colpa mia. Ma colpa di chi? Di quale colpa si sta parlando? Immediatamente accanto un individuo, alle spalle di una cinepresa, cattura la scena. È Ryan Mendoza e ciò a cui assistiamo e l’emanazione diretta del suo immaginario artistico. Tolto il visore VR si ritorna a vivere una tranquilla stanza d’albergo fatta di un grande letto bianco, frigobar e persino una tv led. La performance sapientemente allestita da Ryan si è conclusa; eppure, un elemento è ancora presente. IT’S ALL MY FAULT si legge ancora sulla parete. Il confine tra reale ed irreale non è mai stato così illusorio.

 

Ciò che è appena stata descritta è la Meta-Room 251, risultato ultimo della residenza d’artista di Ryan Mendoza ed oggi parte integrante del progetto espositivo “IT’S ALL MY FAULT” ideato dalla Fondazione OELLE Mediterraneo Antico negli spazi della fON Art Gallery del Four Points Sheraton di Catania.

Spesso si è soliti associare la virtualità immersiva al passaggio ad un mondo altro, fantastico; in questo caso, invece, l’espediente virtuale permette un salto ad un qui e ora passato grazie al quale è possibile rivivere in prima persona quello che fu il set fotografico dell’opera di Mendoza che, proprio nella stanza 251, ha realizzato il ciclo di fotografie esposto in questi giorni in mostra. L’esibizione, infatti, continua in una serie di diciotto scatti inediti volti a riscoprire intimi desideri dell’animo umano annichiliti da un vivere collettivo sempre più anonimo e impersonale.

 

 

Le figure ritratte da Mendoza si aggirano in un universo sospeso: esse si presentano nude, si moltiplicano, cambiano le loro pose, si confondono avvolte tra spesse lenzuola bianche che celano le loro azioni.

In Skin (2022) una donna punta lo sguardo dritto in camera: la sua postura è rigida, i capelli finti; la sua presenza ricorda le fattezze di un manichino. In uno stato di totale immobilità sembra osservare cosa succede al di là del suo mondo parallelo mentre nell’ambiente a lei circostante e nel suo corpo si diffonde la proiezione del gioco Minecraft.

 

Ryan Mendoza, SKIN, 2022. © Fondazione OELLE Mediterraneo Antico

 

Un’analoga composizione si ritrova anche in Hotdog Necklace (2022) e Lara in Simpson’s Livingroom (2022) in cui Mendoza non rinuncia al filtro della proiezione questa volta, però, immergendo i due soggetti raffigurati in ambientazioni tratte dalle serie animate de I Griffin e I Simpson.

 

 

La fotografia di Mendoza si muove in bilico tra il reale e il virtuale, tra ciò che si è e ciò che si potrebbe essere, sottolineando la piena responsabilità dell’artista nell’elaborare impulsi e immagini che caratterizzano la società contemporanea. Ecco che «It’s All My Fault» riecheggia come un mea culpa professato dall’artista incapace di ostacolare una cultura volta ad offuscare l’estraneo, il non conforme.