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Intervista a Leonardo Meoni

 

Dopo un fitto carteggio virtuale riesco finalmente ad incontrare nella culla del Rinascimento italiano, Leonardo Meoni (Firenze,1994) giovane artista agli esordi che tuttavia vanta già una promettente carriera. I suoi studi prendono avvio con il Liceo Artistico di Siena il cui naturale prosieguo sarà il Triennio in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, mentre il Biennio a Brera sarà la nota conclusiva. Ancora fresco di studi incontra sul suo cammino Spazio Amanita, neonata galleria fiorentina a pochi metri da Palazzo Strozzi, con cui nel dicembre 2021 realizza Cancellare senza permesso, sua prima mostra personale. Dopo Miami e Saint Moritz prenderà parte nel mese di aprile a due mostre collettive promosse dalla The Address di Brescia e dalla Superzoom Gallery di Parigi. Il prossimo appuntamento importante sarà l’apertura della nuova sede espositiva di Spazio Amanita a Manhattan, occasione della sua prima personale statunitense. Alcune parole chiave funzionali ad inquadrare la ricerca di Meoni sono: movimento, traccia ed estetica dell’incertezza.

(Geraldina) La tua prima personale, me la racconteresti?

(Leonardo) La mostra Cancellare senza permesso nasce dalla dicotomia tra comodità e scomodità. Ho realizzato le mie opere in un castello, ex studio di CY Twombly, posto esoterico vicino Bomarzo, in solitudine. Sono entrato in un luogo duro e sono stato costretto a cambiare il mio punto di vista. A Bassano i primi due mesi avevo solo il fuoco, primitivo, atavico, il mio tutto. L’assenza di comfort è stata la molla che ha fatto scattare la prima serie di velluti, poi ho iniziato a scagliare pietre, vanghe e tanti altri attrezzi contro le tele, come in preda a degli esorcismi contemporanei. Nel Medioevo si tiravano le pietre contro le immagini del diavolo e nell’era contemporanea si trivellano le foto di Saddam Hussein sparse sui muri delle città.

(Geraldina) Leggo nel comunicato stampa di Spazio Amanita in riferimento alle tue opere: “[…] decifrando le fattezze che non hanno suono. Figure comprensibili se ascoltate in silenzio”. Perché c’è questo rimando al suono?

(Leonardo) In giro c’è troppo suono, troppe immagini. È importante fermarsi. Mi sento di dire fermati un attimo in questo eccesso di stimoli, tripudio della globalizzazione e osserva veramente quello che stai guardando. Se avviene uno scambio continuo di informazioni non riesci nel breve tempo a decodificare le immagini. Il silenzio fa da sottotitolo ai velluti perché in questo eccessivo rumore c’è davvero bisogno di silenzio!

(Geraldina) Il sonno della ragione genera mostri

(Leonardo) Goya chiudendosi nella Quinta del Sordo, analizzava ogni cosa lontano dalla furia. Il mondo globalizzato ci impone sempre di vedere qualcosa, ma è facile uscire dai suoi schemi. Se ti isoli e capisci quello che vuoi vedere riesci anche a percepire quello che ti sta succedendo intorno.

 

Rainbow 22 – 2021, tecnica mista su velluto, 300×200 cm.

 

(Geraldina) La tua attenzione ai materiali da dove deriva? Volontà di sovvertirne il ruolo e la percezione?

(Leonardo) A me il velluto serve per parlare di movimento. Curzio Malaparte scrive Maledetti Toscani dove cita i cenciaioli che lavoravano nelle industrie pratesi con stoffe provenienti da tutto il mondo. Io avendo vissuto a Prato degli anni, ho trovato nel tessuto urbano un materiale estremamente ibrido e perfettamente capace di immetterti in un movimento incredibile! Sul velluto si lascia una traccia ed ecco che diventa il supporto ideale per raccontare una storia in continuo divenire.

(Geraldina) Tu ci parli di un passato rurale che si sta radicalmente trasformando. Perché inserisci il cemento sugli arazzi?

(Leonardo) I ruderi vengono gradualmente inglobati nelle metropoli e il cemento non rappresenta né il centro né la periferia, bensì il medium, il legante attivo. Un giorno nelle campagne toscane mi sono imbattuto in qualcosa d’incredibile, un’immagine senza tempo: un fienile con gli strumenti del mestiere ancora appesi alle pareti invaso da una coltre informe. Sembrava di essere dentro un’opera di Hans Op De Beek perché l’intera stanza era per metà grigia, imbrattata da un vicino cantiere. Un arazzo decisamente kitsch sembrava fosse stato colpito da un’alluvione di cemento e io l’ho rifatto uguale. Ecco che le lucciole di Pasolini iniziano a svanire.

(Geraldina) “Ogni grande svolta epocale richiede una nuova arte che le dia forma” sostiene Claudio Magris. Cosa può fare un artista in tempo di guerra?

(Leonardo) Un artista oggi dev’essere attivo però non per forza sul sociale, penso ad Ai Wei Wei che fa l’artivista. Penso che oggi debbano tornare ad esistere le Avanguardie, non lo trovo affatto anacronistico. L’arte dev’essere proprio quello che va a rompere gli schemi e l’ordinario, dev’essere un punto interrogativo sempre e comunque. Ma allora l’arte non è per tutti, è per chi vuol pensare, come Goya che si chiude con i suoi mostri. La precisione estrema e la qualità tecnica oggi non ci comunicano più nulla. “È tutto da rifare” diceva Gino Bartali, l’arte per me deve costantemente mettere in discussione ogni cosa, in maniera più poetica e meno diretta.

(Geraldina) Quale artista ti ha strappato il cuore col suo lavoro?

(Leonardo) Dirtene uno soltanto sarebbe impossibile, perché se provo a visualizzarne uno, ne affiorano subito tanti altri. Di certo i miei riferimenti assoluti restano Luc Tuymans e Gerhard Richter che non aggiungono o sottraggono ma spostano del materiale, proprio come faccio io con i velluti, la sabbia e il cemento. Ma non posso non chiamare in causa anche Mark Manders, Wilhelm Sasnal, Danh Vo, Gino De Dominicis, Rudolf Stingel, Giuseppe Penone, Cy Twombly, Dominique Gonzalez-Foerster, Félix González-Torres, Philippe Parreno, Pierre Huyghe, Christopher Wool, Rachel Whiteread, Pablo Picasso, Peter Doig, Anish Kapoor, Francis Alys, Piero della Francesca, Michaël Borremans, Paul Klee, Paul Gauguin, Gordon Matta-Clark, Giorgio Morandi, Sigmar Polke, Franz West, Alighiero Boetti, Günther Förg, Jannis Kounellis, Massimo Bartolini, Elmgreen & Dragset, Victor Man, Julian Schnabel, Toba Khedoori, Sterling Ruby e Francis Bacon.

 

In copertina: Leonardo Meoni, Bassano in Tavernina. 27/03/2022.