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Intervista a Sergio Troisi

 

Da quanto tempo fa il curatore? Qual è stato il suo iter formativo e lavorativo?
Premetto che non amo molto il termine ‘curatore’, che oggi mi sembra avere assunto contorni molto generici. Mi definirei piuttosto uno storico dell’arte per il quale le mostre, sia quelle con un taglio prettamente storico che quelle legate ad alcuni aspetti del contemporaneo, costituiscono una occasione di approfondimento e di riflessione su determinati snodi del nostro paesaggio culturale.

 

Qual è – secondo lei – il ruolo del curatore, oggi, e quale ruolo si accinge a ricoprire, in futuro, all’interno del “sistema dell’arte”?
Il ruolo del curatore oggi presenta caratteristiche molto varie. Non è raro che sia una mera cinghia di trasmissione del mercato, in particolare per il contemporaneo; immagino che questo ruolo nel prossimo futuro sarà accentuato se la componente mercantile e del capitale finanziario, centrale negli ultimi anni, rimarrà dominante. Mi auguro ovviamente che si aprano in tal senso nuovi spazi di riflessione.

 

Quali caratteristiche sono indispensabili per fare questo lavoro?
Per evitare che divenga un semplice esercizio di tautologia, occorre uno sguardo di spessore storico, non soltanto relativo alle arti visive, capace di leggere nella sua complessità stratificata tanto il passato, recente o lontano, quanto l’attualità.

 

Quando cura una mostra da cosa parte? Come sceglie gli artisti, il tema, ecc? Ci spieghi, per somi capi, il suo metodo di lavoro.
Ovviamente dipende dal carattere dell’esposizione, se questa cioè indaga un tema storicizzato su cui la mostra consente di ritornare puntualizzandolo e aprendo nuovi scenari interpretativi (ne ho avuto l’occasione più volte con mostre dedicate a temi e protagonisti dell’arte italiana del secolo scorso), o se individua nella produzione di uno o più artisti la possibilità di leggere il nostro presente. Nel primo caso, parto dall’approccio filologico (letteratura critica, regesti espositivi etc.) per verificare, a distanza di anni, la risonanza di un determinato momento culturale, la sua formazione e la sa eredità; nel secondo, sono sempre le opere, in mancanza di una distanza storica, a intercettare e restituire.

 

Le piacerebbe raccontarci un progetto e/o un incontro, per lei significativo (in positivo o in negativo) che ha cambiato il suo modo di svolgere la sua professione?
Ogni mostra aggiunge qualcosa. Ricordo però come particolarmente importanti due progetti, per i quali avevo coinvolto due artisti come Christian Boltanski e Emilio Isgrò in percorsi espositivi pensati per luoghi tra loro molto diversi, le sale dei pegni del Monte di Pietà per Boltanski e il Convento del Carmine di Marsala, spazio che dirigo da quasi vent’anni, per Isgrò. In entrambi i casi, i progetti che avevo in mente si sono arricchiti sensibilmente grazie al lungo confronto con gli artisti.


“Trame del ‘900. Opere della collezione Galvagno” è il titolo della sua ultima mostra, visitabile presso le Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, fino al 1° marzo 2015. Le va di parlarci di questo progetto espositivo?

Si trattava in questo caso di mettere ordine a una collezione molto ampia, centrata sul Novecento con opere in diversi casi di grande rilevanza storica. Il progetto espositivo è stato misurato sullo spazio, privilegiando nel percorso alcuni snodi dell’arte del secolo scorso, in particolare dando visibilità a quelli poco visti nelle mostre in Siclia come la stagione dell’arte cinetica e programmata

 

Progetti futuri?
Stanno prendendo forma.


Che consiglio si sente di dare a quanti vogliano intraprendere questa professione?

Pochi e semplici. Studiare molto, allenare costantemente lo sguardo, visitare tanti musei, di ogni tipologia, e naturalmente seguire le mostre con occhio critico, in Italia e soprattutto in altri paesi che, rispetto a noi, mettono in campo strategie di respiro più ampio.

 

 

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(1) CHRISTO, The Umbrellas Joint Project for Japan and USA, 1988, collage, cm644X107.
(2) EMILIO ISGRO, Cina Mediterranea, 2007, acrilico su tela, cm110X150.
(3) FAUSTO PIRANDELLO, Le indossatrici, 1945, olio su tela, cm72X92.