Dal 21 Giugno arriva Meteore Fest:
la cultura queer al centro della scena milanese
Dopo il successo di ULTRAQUEER e Queer Pandèmia, la cultura queer torna al centro della riflessione per ripensare gli spazi, innovare le pratiche artistiche e creare comunità inclusive. Il festival Meteore Fest: lo spazio è queer, organizzato da TWM Factory e BASE Milano, punta a costruire un ponte tra Roma Smistamento e, appunto, BASE Milano, offrendo una piattaforma di trasformazione sociale e culturale.
Questo festival dà voce a figure emergenti e affermate della scena contemporanea attraverso installazioni, performance, presentazioni, laboratori di arte partecipata e workshop. Meteore Fest mira a valorizzare gli spazi urbani, creando luoghi di incontro, rappresentazione e riflessione.
Gli artisti e i pensatori selezionati esplorano come il fare-queer possa costruire nuovi contesti che valorizzino le diversità e rispettino ogni forma di vita. Le performance e le installazioni lasciano un’impronta duratura, stratificando opere e storie personali e collettive.
Abbiamo inviato due domande ad alcuni degli artisti partecipanti al festival (sia alle date romane che a quelle milanesi), offrendo uno sguardo approfondito sul loro operato e sulla loro visione; un’occasione per scoprire i protagonisti di Meteore Fest e il contributo che offriranno alla cultura queer contemporanea.
Dal 21 giugno (e fino al 29/06) il festival arriva a Milano con un programma ricco di eventi, scoprilo qui.
Plurale
Potreste raccontaci brevemente della vostra pratica artistica? Su cosa si orienta la vostra ricerca?
plurale è un concetto e si presenta come collettivo artistico osmotico, cui attivatori di base sono Leonardo Avesani (Verona, ‘97) e Chiara Ventura (Verona, ‘97). Esplorando una forma empatica d’esistenza, plurale cerca di sgretolare una visione eteronormativa del corpo e decolonizzare il desiderio, osservando sessualità e piacere come spazi politici. Inoltre, guarda al fenomeno trap italiano come pretesto per costruire un’analisi delle problematiche socioculturali legate alle nuove generazioni.
Che opera/azione/contributo proponete per Il festival Meteore Fest: lo spazio è queer?
Reconnect your body è una performance che cerca di analizzare la complessità di un tardivo e rapido mutamento socioculturale in cui l’uomo cis-etero, scioccato, si sente detronizzato dal suo ruolo di potere. In un ribaltamento del rapporto preda-predatore, elementi quali olio lubrificante, vestiti in pelle e musica club vengono utilizzati come oggetti di transizione in un sincero rituale di liberazione dal concetto tossico di virilità.
Eleonora Sabet
Potresti raccontaci brevemente della tua pratica artistica? Su cosa si orienta la tua ricerca?
La mia pratica artistica è caratterizzata dalla costante ricerca di stimoli. Scatto, stampo, scansiono, ritaglio e scrivo a mano sulle foto. A volte solo su fogli bianchi, da un po’ anche sulle persone. Amo scrivere le lettere, provare a farlo in modi diversi e con penne diverse, per poi rendermi conto che sono pochi i tratti che mi piacciono. Tutto questo accompagnato dalla stessa canzone di sottofondo.
Che opera/azione/contributo proponi per Il festival Meteore Fest: lo spazio è queer?
Durante il festival terrò un laboratorio creativo in collaborazione con CIG in cui realizzeremo elaborazioni grafiche e collage utilizzando materiali provenienti dall’archivio di Omologie.
Questi materiali, che includono fotografie d’epoca, documenti storici e altro ancora, verranno reinventati e combinati in modi creativi per creare dei poster.
Selenia Marinelli & Giulia Cauti
Potresti raccontaci brevemente della tua pratica artistica? Su cosa si orienta la tua ricerca?
Selenia Marinelli: Sono architetta Ph.D, ricercatrice indipendente e attivista materiale. Utilizzo i biomateriali per decostruire la narrazione tradizionale legata agli spazi architettonici e ridefinirli come interfacce di coesistenza tra abitanti umani e non-umani. Questo approccio mira a promuovere un design più sensibile e consapevole dell’interconnessione tra le specie. La creazione do-it-yourself di biomateriali diventa quindi un metodo per esplorare, analizzare e accumulare riflessioni man mano che la materia prende forma.
Giulia Cauti: La mia pratica multidisciplinare ha la volontà di osservare il significato del trauma nelle sue molteplici forme e analizzare come esso modelli la percezione dal singolare al collettivo, considerando le vulnerabilità come risorse. Può la pratica artistica aspirare ad essere un attivatore per il rinnovamento sociale e la guarigione dei traumi della terra, intesa come sistemi in stretta connessione ed equilibrio tra loro, promuovendo al contempo la sostenibilità produttiva ed emotiva per l’individuo?
Che opera/azione/contributo proponete per Il festival Meteore Fest: lo spazio è queer?
Il laboratorio/performance BioQueer Tectonics punta a esplorare come la materia con cui possiamo costruire i nostri spazi sicuri possa essere creata dall’interazione tra soggetti. Il pubblico presente in sala è coinvolto nella co-creazione del biomateriale finale, utilizzando elementi di scarto che provengono dal mondo umano e non-umano. Dare un taglio queer allo spazio per me significa rifiutare la sua neutralità o la sua adesione a gerarchie esclusive e vederlo per ciò che è veramente: non solo uno sfondo per le azioni umane, ma un luogo ricco di relazioni interspecifiche da valorizzare.
Elisa Melodia
Potresti raccontaci brevemente della tua pratica artistica? Su cosa si orienta la tua ricerca?
La mia pratica artistica unisce il mondo dell’arte performativa con quello del design. Il mio focus è principalmente sulla danza e sulla musica. Attraverso la costruzione di sintetizzatori digitali e l’impiego di sensori, creo interazioni che mi mostrano, di volta in volta, come la tecnologia può contribuire alla scoperta di nuove forme di movimento, azione e intenzione.
Che opera/azione/contributo proponi per Il festival Meteore Fest: lo spazio è queer?
L’opera che propongo per Meteore Fest si chiama Corpo Sintetico ed è una performance di danza, video arte e sound design. I performer, infatti, hanno addosso dei sensori che misurano i loro spostamenti. In questo modo, saranno i movimenti dei ballerini a dare vita al suono, modificandolo ed esaltandolo. La performance, con le sue ripetizioni e accentramenti, ci racconta come l’energia dello spazio queer non dipenda tanto dal tipo di spazio quanto dal tipo di persone che lo occupano. I corpi danzanti, fondendosi gradualmente in un unico “Corpo Sintetico,” ci ricordano che i corpi da soli non sono sufficienti per mantenere lo spazio queer sicuro. È necessario continuare a lottare per una cultura queer condivisa da tutti, capace di proteggere davvero le soggettività.
Roberto Amoroso
Potresti raccontaci brevemente della tua pratica artistica? Su cosa si orienta la tua ricerca?
Le mie opere attingono a un repertorio ibrido di immagini mediatiche, virtuali e reali. Attingo a simboli diversi per elaborare innesti tra corpi umani, animali e cyborg. La mia ricerca artistica è incentrata sull’identità come processo sempre incompiuto, che si confronta con le alterità dei mondi virtuali e digitali. In questa cornice, rompo non solo con le separazioni tra spazio quotidiano e spazio virtuale, ma anche con tutte le dicotomie classiche. L’arte digitale diventa allora il luogo privilegiato per abbattere i binarismi, tra uomo e animale (ad esempio attraverso il linguaggio etnico-religioso del teriomorfismo), o anche tra maschile e femminile attraverso la declinazione artistica dell’approccio queer e la riflessione cyberfemminista.
Che opera/azione/contributo proponi per Il festival Meteore Fest: lo spazio è queer?
Per Meteore Fest mi è stato richiesto di confrontarmi con la tematica dello spazio queer e, formalmente, con gli spazi di uso comune di BASE Milano. Dopo diversi anni dalla mia prima esposizione al Museo Madre, “Pieces of my Art”, ho scelto di utilizzare totalmente il media che ha caratterizzato soprattutto la prima parte del mio percorso artistico: la digital art. “Arcadia,” il progetto che ho realizzato ad hoc per Meteore Fest, si suddivide in spazio esterno e spazio interno. Nello spazio esterno, l’Arcadia, che nella letteratura ha sempre rappresentato una terra idealizzata dove uomini e natura vivono in perfetta armonia, diventa per me una possibile utopia, da ricercare come modello di equilibrio sociale.
A livello formale, mi occuperò di lavorare su elementi di uso comune di BASE Milano come, in questo caso, il bancone con l’opera “Qui, dove nascono le virtù,” e gli elementi applicati sulle strutture metalliche “I guardiani del domani.”
Il riferimento alla natura è composto di elementi naturali che convivono con delle creature ibride, “mostri.” La dicotomia gerarchizzante umano/animale non è un fatto di “natura,” un’operazione neutra e descrittiva, ma una decisione performativa, normativa e normalizzante, un tentativo di decostruire la categoria di “specie.” Quasi a sottintendere un’estinzione di valori binari a favore di nuove creature mutanti con una visione del mondo sdoganata dagli assolutismi.
Se all’esterno di BASE Milano ci sarà un riferimento paesaggistico, come un’oasi caratterizzata da elementi di cielo e terra, all’interno l’Arcadia darà luogo a uno spazio interiore, dove la rottura dei dogmi, spesso narrati dai testi biblici o da storie che hanno strutturato la nostra forma mentis, permetterà di creare una nuova cultura visiva. Con diverse allegorie, le opere/tessuti “Al di là dei dogmi #1” e “Al di là dei dogmi #2,” realizzate in collaborazione con l’azienda Clerici Tessuto, una delle più importanti realtà tessili mondiali per il settore del lusso, riconfermano la collaborazione nata per la produzione della mia più recente mostra “TESTAMENTO” per Cremona Art Week.
STORTHØ COLLETTIVO
Potreste raccontaci brevemente della vostra pratica artistica? Su cosa si orienta la vostra ricerca?
Siamo un gruppo romano che concentra la sua attività in ambito artistico, culturale e architettonico. Nasciamo da un’esperienza universitaria comune che, oltre a porre le basi per le nostre esperienze artistiche, ci unisce in un affiatato legame di amicizia prima che professionale. La nostra collaborazione affronta in modo critico e multidisciplinare le tematiche spaziali del quotidiano attraverso diverse installazioni interattive, performance e alla creazione di eventi espositivi e culturali.
Che opera/azione/contributo proponete per Il festival Meteore Fest: lo spazio è queer?
Per MIRABILIA. PROIEZIONI SFACCIATE quello che ci ha incuriosito, ancora una volta, è il rapporto tra l’utente, che visita lo spazio espositivo di TWM Factory, e la propria identità di genere.
In un gioco di contrasto tra luci e ombre, tra figure bidimensionali e proiezioni tridimensionali della propria identità, l’intento è quello di far emergere – in modo del tutto sfacciato – la propria pluralità e individualità tramite l’appropriazione dello spazio senza timori o giudizi.