ArtInterviewsPerforming arts

 

VERTICALE episodio #4

 

Gender Bender Festival

siamo tante identità

 

Nel quarto episodio di VERTICALE abbiamo incontrato Daniele Del Pozzo e Mauro Meneghelli, direttori artistici di Gender Bender: il festival che riflette sugli immaginari del corpo e del genere.

 

Dal 31 ottobre all’11 novembre 2023 Gender Bender Festival torna nell’autunno di Bologna, di nuovo come festival diffuso per la città dopo le tre edizioni estive ridotte per la pandemia.
Era il 2002 quando il Cassero arrivò alla nuova sede della Salara, nel contesto della nascente Manifattura delle Arti. Si pensò a un progetto multidisciplinare, capace di coinvolgere soggetti attivi in città, tra cui anche gli annunciati “vicini di casa” che sono tuttora la Cineteca di Bologna e il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, partner storici dell’iniziativa. L’idea -anche ambiziosa al tempo – era che i contenuti culturali espressi da una comunità LGBT potessero essere paritari e egualmente interessanti per altri soggetti produttori di cultura in città. 

«Gender Bender è un progetto culturale che intende considerarsi come una forma di attivismo culturale, attraverso un lavoro costante sugli immaginari culturali e artistici ci chiediamo come sia possibile operare una trasformazione sull’immaginario tout-court».

 

 

Molti gli artisti e le artiste che hanno condiviso un tratto del loro percorso con il Festival, da Silvia Gribaudi ad Alessandro Sciarroni, incoraggiati a esplorare nuove forme espressive con il percorso internazionale di Performing Gender quasi agli inizi delle loro carriere, o quantomeno prima di diventare fenomeno pop della danza contemporanea la prima e Leone d’Oro alla Biennale Danza il secondo, ma anche Emma Dante con cui si è dato di fatto il via alla rassegna di Teatro Arcobaleno dedicata all’infanzia. E ancora (più di recente) Marco D’Agostin, Daniele Ninarello, Aristide Rontini e Collettivo Mine senza tralasciare lo sguardo sull’Europa con Thomas Lebrun, Olivier Dubois, Peggy Olislaegers fino ad arrivare a quest’anno con Patricia Carolin Mai e Oona Doherty.

 

Graces | Silvia Gribaudi – courtesy of Gender Bender Festival

 

Il tema della rappresentazione del corpo è una delle chiavi di lettura del festival: corpo inteso come strumento con cui entriamo in relazione sociale e simbolica con le nostre comunità e società, luogo in cui facciamo sedimentare un linguaggio comune.
I corpi sono quindi la cartina tornasole per vedere come reagisce la società innanzitutto portando in scena soggetti che non sono solitamente visibili. D’altronde in venti anni il Festival ha attraversato cambiamenti epocali, dal riconoscimento delle unioni civili ai grandi dibattiti che animano il nostro presente. Momenti che oltre a rappresentare degli “spartiacque” nella storia dei diritti, lo sono anche sul piano della rappresentabilità. 

A un certo punto ci si rende conto che non è più sufficiente esplorare il binarismo di genere e il festival comincia ad accogliere nei programmi anche blackness, disabilità, neurodivergenze, anzianə e bambinə, corpi in transizione e queer, in un costante esercizio di forzatura dei limiti della rappresentabilità, per sondarne appunto l’accoglienza. Dalla danza, al cinema, al teatro, si tratta di far intravedere diverse possibilità di rappresentazione e non solo una. 

Laddove in alcuni passaggi di rivendicazione politica sono assolutamente necessari termini per definire più nitidamente specificità ed esigenze identitarie, Gender Bender nel corso degli ultimi anni si è fatto anche luogo che accoglie riflessioni post-identitarie, nella misura in cui, come ci spiega Mauro Meneghelli « ritrovandoci nella nostra umanità, quelle scatole che ci servono da un punto di vista frontale e politico, possiamo anche togliercele».
Questo infine quello che i due direttori e insieme con il team di Gender Bender e Cassero, si sforzano di far accadere ogni anno: creare luoghi di incontro e di relazione a partire dalle stesse esperienze estetiche, per accogliere tutta la complessità che ci abita e riconoscerci come soggetti dalle molte identità.
Con «estrema leggerezza», ci ricorda Daniele Del Pozzo, perché il gioco e la giocosità aiuteranno sempre a connettere le persone anziché schierarle su fronti contrapposti. Gender Bender vi aspetta a Bologna.

 

 

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da (@balloonproject.art)