Art

Intervista a Federica Fiumelli

di Anna Papale

 

Federica Fiumelli (1990) laureata al DAMS di Bologna in Arti Visive, si specializza all’Accademia di Belle Arti della stessa città in Didattica dell’Arte, Comunicazione e Mediazione Culturale del Patrimonio Artistico. Da subito, inizia a collaborare con spazi espositivi svolgendo attività relative all’allestimento, alla redazione di testi critici e comunicati stampa, all’ideazione di laboratori didattici per bambini. Ad oggi la sua esperienza l’ha portata ad occuparsi di curatela, critica, comunicazione, direzione di svariati progetti tutti indissolubilmente legati all’arte, ai giovani artisti, ai territori inesplorati del settore – in senso letterale e figurato -, alla scrittura per più testate (tra cui Vogue online), alla musica, alla comunicazione tramite i social. Nonostante la difficile accessibilità del settore e la saturazione dello stesso, è riuscita a districarsi e meritarsi l’appellativo di curatrice controcorrente riuscendo nell’intento di stupire. In questa intervista abbiamo avuto la possibilità di conoscere la sua personalità, i suoi attuali lavori, i diversi progetti che dirige, e le idee che sta sviluppando, insomma, a discapito di tutto, la sua mente non si è mai fermata. In fondo dice di se stessa: ‹‹per il futuro mi piacerebbe rimanere impressa come un’icona pop di Warhol e volare nell’altrove come gli amanti di Chagall.››

 

Il tuo lavoro di curatela indipendente è molto legato all’attività dell’associazione culturale Officina 15, in particolare al progetto #artOFF creato appositamente per la divulgazione e l’esposizione artistica. La condizione ‘libera’ dell’ambiente per cui lavori come ti permette di gestire le tue idee? Noti delle differenze rispetto a una più canonica galleria d’arte?

Il progetto #artOFF ha da poco compiuto tre anni, e debbo ringraziare tutti i ragazzi dello staff dell’associazione perché questo continui a vivere – le connessioni, le energie e i saperi di tutti sono indispensabili; io essendo la direttrice artistica del progetto mi occupo della scelta degli artisti, della redazione del testo critico, dell’ufficio stampa e del coordinamento in fase di allestimento. L’area geografica dove ci troviamo, l’Appennino, equidistanti da Bologna e Firenze ci permette di essere facilmente raggiungibili e di rimanere in una zona “franca”, “strategica” – ciò ci permette di essere dentro un discorso collettivo ma stando fuori dai centri cittadini; i miei obiettivi sono sensibilizzare le persone del territorio al linguaggio dell’arte contemporanea e invitare artisti di altre località a sperimentare con libertà e a conoscere un luogo e una comunità differenti. La mission del progetto quindi mi permette di lavorare in totale libertà rispetto a una più canonica galleria d’arte, è quello che accade anche negli spazi no profit cittadini – amo invitare giovani artisti appena usciti dall’Accademia o artisti anche più grandi che non hanno contatti con gallerie – amo dialogare con diverse generazioni, lontana da mode o logiche di mercato.

 

Grazie al supporto dell’Associazione e la tua progettualità hai dato vita ad altri progetti che si sviluppano a cadenza temporale collateralmente alle attività di Officina 15, puoi parlarcene? Avranno ulteriori sviluppi?

L’attività di #artOFF mi ha portata in maniera naturale a stringere legami profondi e nuove conoscenze. Nel corso degli anni mi è capitato di collaborare con altre manifestazioni riguardanti il territorio come Lagolandia o La Via Della Lana e Della Seta – in questo modo siamo riusciti a portare installazioni site specific in riva al lago o in altri spazi comunali. Una sorta di #artOFF – OFF, quasi ogni estate.

A questo proposito a marzo dovevamo inaugurare un nuovo progetto: E(ART)H OFF – che contiene già nel nome la doppia natura: terra – suolo – terreno e arte.

Si tratta di invitare un artista ogni mese e mezzo a dialogare con la Sala della Terra di Castiglione Dei Pepoli – dove si nasconde un’eccezionale esposizione che ripercorre la storia delle lontane ere geologiche e ci riporta alle origini dell’Appennino bolognese. I materiali che i visitatori possono ammirare all’interno della Sala della terra provengono da un appassionato ricercatore locale, Ultimo Bazzani, che ha donato al Comune di Castiglione oltre duemila reperti mineralogici e paleontologici (fossili) raccolti in oltre trent’anni di ricerca nell’area compresa tra Castiglione dei Pepoli, Camugnano e Grizzana Morandi. I fossili sono stati studiati e classificati all’Università di Bologna da un gruppo coordinato dal professor Gian Battista Vai, direttore del Museo Geologico “G. Capellini”.

Ogni volta quindi l’artista invitato è chiamato a dialogare con questo piccolo patrimonio. Dovevamo cominciare con Oreste Baccolini e la sua installazione riguardante le “schegge di bombe”. Speriamo di riuscire a inaugurare nel mese di giugno con tutti i sistemi di tutela previsti. Molto probabilmente i tempi ci consentiranno di fare un preview online sul profilo IG di Officina 15.

 

Altro progetto da te curato è Maratona Di Visione, una rassegna online che tiene aggiornati sul panorama della videoarte prodotta in Italia e non solo. Nel periodo inconsueto che stiamo vivendo credi che questo medium possa trovare maggiore spazio e attenzione rispetto agli altri? Qual è la tua posizione in merito?

Su invito del curatore di Maratona Di Visione, Alberto Ceresoli che ringrazio pubblicamente sono stata invitata a scegliere cinque opere video, quest’anno infatti la seconda edizione prevedeva proprio un’apertura da parte della rassegna – grazie alla collaborazione su invito di diversi curatori.

Il video conserva sicuramente una facilità di fruizione rispetto ad altri medium ma non dimentichiamoci che alcune opere sono legate anche e soprattutto a contesti di luoghi fisici o particolari allestimenti.

E’ chiaro che il digitale e i mezzi artistici che se ne servono non possono e non potranno mai sostituire la fisicità dell’arte e la relazione che ne deriva dalla fruizione dal vivo, tuttavia progetti come Maratona Di Visione sono pensati apposta per il web e trovo quantomai positiva la possibilità della rete di raggiungere un pubblico più ampio possibile – la video arte ha sicuramente il vantaggio di essere liquida nel suo mostrarsi e diffondersi, non impone necessariamente una presenza in loco, fatte eccezioni i casi che ho sopra citato.

 

Uno delle tue più grandi passioni come da te dichiarato è la comunicazione. Attualmente offri consulenze esterne di social media management anche a gallerie d’arte. Riusciresti a tracciare per noi un breve excursus sulle variazioni che i canali di comunicazione hanno subito prima, durante e quelle che subirà in seguito a tale situazione?

Ho seguito vari profili online (da musei, gallerie, fondazioni, testate, uffici stampa), dirette e talk in merito alla questione dell’evoluzione della comunicazione digitale in campo culturale pre – durante e post pandemia. Con il lockdown c’è stato un risveglio massiccio anche da parte delle istituzioni rispetto ai contenuti digitali e tra me e me mi sono detta: “diamine, era ora!” – dall’altro canto mi sono svilita per la quantità massiccia di sovraesposizione e sovrainformazione. Credo che l’eccesso non vada mai bene, mi auguro che finita questa brutta situazione non ci sia un ritorno di tendenza al “io aborro il digitale”, “spegniamo il telefono”, “chiudiamo l’Internet” – mi aspetto un’ondata purista e naive quasi sicuramente. Vorrei ricordare però che il digitale sarà sempre più indispensabile nel futuro, demonizzarlo impropriamente è quantomai futile e controproducente – vorrei soltanto che le persone comprendessero e praticassero con più consapevolezza il suo utilizzo. Ecco cosa mi auguro: un uso equilibrato dei canali digitali, ricordandoci la loro importanza e che la loro presenza deve amplificare e non sostituire la realtà e la fisicità dell’esperienza. Camminare fianco a fianco non significa mai prevaricare o annullare. Digitale e reale debbono essere complementari non potenziali rivali.

 

Il tuo profilo è ricco di iniziative entusiasmanti tutte accomunate dalla voglia di sostenere il dialogo con gli artisti e dare voce al loro lavoro, soprattutto in questo periodo. Quali sono gli stimoli che ti hanno spinta a concretizzare queste idee? Per la maggiore si sviluppano su un canale social – che potremmo definire ‘effimero’ – stai pensando alle possibili prospettive future oppure si tratta di progetti nati appositamente momentanei?

La scrittura è sempre stata la prima origine per impostare un dialogo con gli artisti, ormai da dieci anni recensisco mostre e intervisto artisti per varie testate: ho iniziato con Vogue online e ho proseguito con Wall Street International Magazine, Juliet Art Magazine e Forme Uniche.

In questo momento ovviamente mi sono dedicata maggiormente alle interviste e alla creazione di un nuovo progetto: Daily Studio – un crossover tra studio visit e weekly exhibition – ogni settimana invito un artista diverso a mostrare il proprio studio in modo che lo studio stesso diventi soggetto dell’esposizione. Credo che lo studio d’artista, luogo primario, dove tutto accade inizialmente: incontri, studio dei materiali – debba tornare al centro di ogni riflessione sulla pratica artistica.

Al momento ho avuto molti riscontri positivi e tante candidature spontanee (oltre alla mie scelte) – in futuro è prevista anche qualche collaborazione. Vedremo. L’importante è creare connessioni, conoscere e confrontarsi.

Non di minor importanza – ho dato vita anche a Meet Me On The Dancefloor – un raccolta di copertine di dischi che amo – ma non solo, ho creato un indirizzo mail apposito dove chiunque abbia voglia può mandare una cover che apprezza. A mezzanotte, a sere alterne, per un incontro immaginario – posto un artwork che per me è importante – sia dal punto di vista del concept visivo che musicale. Questo progetto nasce in seguito alla mia esperienza in radio, dove, nella radio locale (Radio Fresh) ho un programma ormai da qualche anno che parla di arte contemporanea e musica – Is there life on Mars? – tributo a uno dei miei mentori in assoluto David Bowie. Durante le numerose puntate mi sono accorta che finivo sempre a parlare di copertine di dischi, quindi mi è sembrato naturale creare una raccolta digitale che non fosse soltanto mia.

Ovviamente entrambi i progetti si trovano su Instagram, che per quanto sia effimero, rimane uno dei social “più frequentati” del pianeta.

 

Passiamo a domande più personali – se ce lo concedi! – cosa guida il tuo sguardo in questo mondo? Quali sono i tuoi impulsi e riferimenti quando sviluppi un progetto di curatela oltre naturalmente gli stessi lavori e le conversazioni con gli artisti?

Fin da piccola sono stata abituata ad osservare l’arte in maniera trasversale e tuttora quello rimane il mio approccio fondamentale. Quando comincio a dialogare con un artista o con più artisti a un progetto espositivo amo partire dalla letteratura, dal cinema, dalla musica – l’arte contemporanea soprattutto ci permette di attingere dalla danza, dall’architettura, dal fumetto – sono tutti granelli di un deserto che chiamiamo arte contemporanea – o banalmente senza etichette: espressioni del nostro tempo.

Amo definire la mia visione “Wagneriana”, vergine e leggera (Calviniana). Credo che mantenere viva una curiosità accesa su tutto sia indispensabile, insieme a una buona dose di umiltà che fa sempre un’enorme e netta differenza.

Osservo molto anche giovani curatori o curatrici che stimo. Dalle persone c’è sempre qualcosa da imparare, sia in positivo che in negativo. Spero che in futuro nell’ambito della curatela si possa collaborare di più, spesso scorgo troppo divisimo, non apprezzo troppo gli esseri egoriferiti.

Tra i miei riferimenti femminili porto sempre con me riflessioni di Francesca Alinovi (sulla quale ho fatto una tesi al biennio specialistico), Lea Vergine, Carla Lonzi e Lara Vinca Masini (che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente l’anno scorso), donne che hanno fatto dello studio e della ricerca un valore, un mestiere – lontane da consensi o mode. Donne che hanno creduto nelle proprie idee incondizionatamente, non cosa troppo scontata nella moltitudine odierna. Donne che hanno fatto della scrittura un potente mezzo di diffusione. Le loro parole vivono attraverso il tempo e riescono a rimettere in discussione il presente – credo che non ci sia cosa più grandiosa.

A loro guardo sempre, mi danno coraggio.

 

Cosa ti attrae del mondo dell’arte e cosa ti infastidisce di più? (se vuoi puoi raccontarci qualche aneddoto)

Il mondo dell’arte nelle sue molteplici contraddizioni rimane sempre affascinante e divertente. Anche se in futuro dovessi lavorare in altri ambiti non smetterei di frequentarlo. O meglio non smetterei di frequentare l’arte. È l’arte (non il suo essere mondo o sistema) che mi ha accompagnata nella vita da quando ne ho memoria, per me è naturale – ciò che mi insegna e mi ha insegnato è osservare le cose da diversi punti di vista, talvolta antitetici; mi ha riempita sempre di dubbi e mai di certezze.

Questo è quello che mi fa andare avanti. Il resto: etichette, sistemi, tendenze, favoritismi, elitarismi, frivolezze, cliché – quest’elenco che non mi appartiene lo lascio all’amarezza, che per quella c’è sempre tempo.

 

In copertina: Federica Fiumelli, curatrice d’arte indipendente, giornalista, social media manager, Officina 15, 2020 ph. Lorenzo Stefanini