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VERTICALE episodio #2

 

Everything Burns

La musica di R.Y.F. incontra l’arte dei Motus

 

Il secondo episodio di VERTICALE è dedicato al progetto musicale di Francesca Morello, in arte R.Y.F., autrice della colonna sonora dello spettacolo Tutto Brucia firmato dalla storica compagnia riminese Motus.

 

«Denso, corposo, potente, ossessivo, opprimente ma anche speranzoso, propositivo, ragionevole, amaramente delizioso e raro» lo ha detto Stefano Gallone su Rockit a proposito dell’ultimo album di R.Y.F. Everything Burns (per Bronson Recordings) uscito nel 2021 e diventato presto un piccolo fenomeno della scena musicale italiana. Quasi contemporaneamente a questo rilancio musicale di R.Y.F. – sua prima incursione nella musica elettronica – c’è stato Tutto Brucia, uno degli spettacoli più acclamati e visti nella scorsa stagione, con perenni sold out in teatro sia in Italia che in Europa, e da cui è venuto fuori un ulteriore disco Tutto brucia (Music from the Motus show).

Incontro Francesca nel cortile del Teatro Arena del Sole di Bologna, dopo averla vista in scena il giorno precedente insieme alle sue compagne Silvia Calderoni e Stefania Tansini.
Lo spazio scenico è oscuro, una notte perpetua fatta di cenere dal cui fondo appare per prima proprio R.Y.F., che come sacerdotessa apre lo spettacolo/rito con il suo canto e la sua chitarra elettrica. I Motus hanno affrontato le vicende delle Troiane di Euripide facendole attraversare dall’irrequietezza dello sguardo contemporaneo, tra devastazioni ambientali, guerre, xenofobia, misoginia.
I corpi delle tre performer assumono le forme ora di Cassandra, adesso di Elena, poi Ecuba e quindi di tutte le donne, senza confini di mondi o di tempi, sono allo stesso tempo personaggi e coro. La drammaturgia fisica si combina con quella sonora – curata appunto da R.Y.F. e dal sound designer Demetrio Cecchitelli. Ma l’incontro di R.Y.F. con le arti performative è solo la più recente sorpresa. Per conoscere la sensibilità che contraddistingue la sua musica partiamo dagli inizi.

 

Chi è R.Y.F. e come nasce il tuo progetto musicale?
«R.Y.F. non è il mio alter ego, ma sono io quando sono sul palco. Io sono Francesca Morello e RYF nasce nel 2012 ed è una sorta di costola di questa band di cui facevo parte. Poi mi sono trasferita in Romagna con la mia compagna e ho fatto il mio primo EP da sola. R.Y.F è l’acronimo di Restless Yellow Flowers, è una piccola frase da Il Maestro e Margherita di Bulgakov che secondo me mi descriveva particolarmente bene in quel momento in cui l’ho scelta.»

 

R.Y.F. – Francesca Morello

 

I tuoi primi album sono stati caratterizzati da una tensione solitaria, un’introspezione intima per ribaltare il significato di quel «Shameful Tomboy» e mettere in musica quello che hai descritto più volte come una sensazione di colpa ingiustificata, e la chitarra è diventata presto il tuo strumento per urlare il desiderio di un mondo senza più imposizioni di modelli malsani.
«In generale tutti i dischi che ho fatto sono molto personali e c’è un sacco di mio dentro. Magari non è ovvio. Però Shameful Tomboy è il primo disco in cui ho messo specificatamente delle mie esperienze e le ho palesemente trasformate in canzoni, senza troppe velature o metafore. Molto spesso nella mia vita mi sono sentita costretta dalle regole di questa società a star dentro dei confini o ad essere anche repressa da queste regole e non sentirmi libera di essere come sono. Quindi volevo urlare tutto il male che persone, atteggiamenti o preconcetti e retaggi culturali mi hanno fatto subire e comunque far capire che queste cose che sembrano banali incidono tantissimo sulla vita delle persone. Le ferite che ho avuto e che si sono rimarginate sono molto presenti dentro di me, si deve sperare che nel 2023 molte cose siano sdoganate ma ci sono comunque delle situazione di confine ed estrema solitudine. Volevo dire a tutti, tutte e tuttu di non sentirsi mai soli/e/u perché fuori c’è sicuramente una grande famiglia che potrà accoglierti per quello che sei!

 

Björk, Blonde Redhead, Tool, Cat Power, The Cure, Sigur Ròs e prima ancora Nirvana e Skin che l’anno scorso ti ha invitata ad aprire tre date del suo tour estivo italiano, come sono cambiati nel corso del tempo i tuoi punti di riferimento musicali e a chi porgi l’orecchio oggi?
«Gli ascolti dell’adolescenza e dei primi tempi sono quelli che ti restano più impressi. Per quanto mi riguarda arrivare alla musica era comprare un disco e ascoltarlo – quando si ascoltava una cosa si ascoltava, ascoltava e riascoltava fino al minimo dettaglio fin quando non ti entrava proprio dentro. Credo che attualmente gli ascolti siano meno attenti, meno accorati, c’è meno attenzione perché c’è tanta roba bella che si fa fatica a star dietro a tutto. Non sono una persona che si fissa con un genere ma mi piace aprire e accogliere a 360° quello che riesco ad ascoltare e catturare dal web.
Tutto quello che mi circonda anche oltre la musica è fonte di ispirazione, non vorrei limitare all’ascolto della musica e basta.
Per questo è difficile inquadrarmi in un genere musicale specifico, sono difficile da capire anche per me stessa. Diciamo che avendo così tante fonti mi piace esplorare e rilasciare creativamente più cose.»

 

Una scena di Tutto Brucia, Motus | foto di Luigi Angelucci

 

Everything Burns è il tuo quarto album, uscito a settembre 2021 per Bronson Recording, segna una svolta in quanto è la tua prima incursione nella musica elettronica. Sintetizzatori e drum machine, strumenti che hai imparato ad apprezzare grazie a nomi d’avanguardia come Moor Mother e Special Interest. Ci racconti meglio di questa danza del fuoco?
«Nell’ultimo album sembra quasi che ogni traccia sia a sé stante, è stata la prima volta in cui ho cercato di fare degli arrangiamenti un po’ più complessi. Ho aperto il rubinetto e quello che è uscito è quella roba lì. Everything burns si chiama così perché nel momento in cui l’ho scritto si sono messe insieme due opportunità molto belle: la prima è stata la proposta di Bronson di fare una residenza artistica che poi si sarebbe conclusa con la registrazione di un disco, la seconda invece è stata la possibilità di essere nel cast di Tutto Brucia dopo essere stata selezionata dai Motus. Durante il workshop con loro avevo tirato fuori due tracce: Cassandra e Pocket full of ashes – motivo per il quale sono in entrambi i dischi.
Ho sentito questa fiamma e propulsione forte nel momento in cui mi sono messa a scrivere i pezzi e ho fatto una connessione tra lo spettacolo dei Motus, questo sguardo esterno sul mondo e il fatto che volessi rendere giustizia alla comunità queer e in generale alle diseguaglianze e alle discriminazioni: dar voce a tutto quello che non funziona secondo me. Tutto è partito da una grande fiamma che continua a bruciare e queste due esperienze sono state significative per dare avvio a questo fuoco.»

 

Quasi in contemporanea al lavoro di Everything Burns è nata la colonna sonora di Tutto Brucia, lo spettacolo firmato dalla storica compagnia Motus. Questa collaborazione ti è valsa una nomination ai premi UBU 2022. Come hai lavorato in questa occasione e come ti approcci alla scena dentro questo spettacolo?
«Tutto brucia musicalmente non ci sarebbe stato se non ci fosse stato anche Demetrio. Abbiamo sempre lavorato in 4 sulla scena: io, Demetrio, Silvia e Stefania. Tutto è partito dalla pura improvvisazione, poi sono state fissate delle parti e abbiamo lavorato specificatamente su queste parti. Quello che sento quando sono in scena è che siamo una cosa unica proprio perché lo spettacolo è nato così. Inevitabilmente c’è questo intreccio, come se fossimo una treccia e ognuna di noi segue l’altra e inevitabilmente si seguono i tempi e i ritmi dello spettacolo. Per me dopo tanti anni è stato come suonare in una band, esattamente la stessa cosa perché allo stesso modo sono necessari tanta sensibilità e tanto ascolto. Ho fatto un paio di volte solo il concerto di Tutto Brucia e spontaneamente vado alla ricerca di Silvia e Stefania ed è strano suonare senza di loro, quelle volte mi sono sentita un po’ stordita.
Nel momento in cui sono sul palco non ho idea di come sono dall’esterno, quello che è importante è dare quello che ho e condividerlo con le persone che ho davanti mettendoci tutta me stessa. Ci metto tutta me stessa ogni volta che canto e ogni volta che suono, nel caso di tutto brucia il mio essere sul palco è a disposizione di quello che sta succedendo e di quello che stanno facendo le mie compagne e cerco di fare in modo che questa cosa sia il più omogenea e compatta.
Ho avuto la fortuna di lavorare con due persone così potenti e adorabili come Silvia e Stefania ed è stata una grande fortuna perché ogni volta che vado sul palco mi sento molto sicura proprio perché ci sono loro.»

 

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