Editoriale

 

Filippo La Vaccara: Il potere di ingrandire

 

L’immagine che associo ai lavori di Filippo La Vaccara è quella di una lente d’ingrandimento capace di cogliere e rendere visibili dettagli e particolari che spesso sfuggono alla nostra vista. Miopia che accomuna lo sguardo che ciascuno di noi ha nei confronti del proprio paesaggio quotidiano. Quante volte ci scopriamo sorpresi nel vedere tramite gli occhi attenti di un artista o di uno studioso qualcosa della nostra città cui non avevamo mai fatto caso? L’arte ha il potere/dovere di farci vedere e farci riflettere su ciò che sovente ci sfugge.

Quando vidi per la prima volta una serie di lavori di Filippo La Vaccara, esposti in una mostra personale in Sicilia, ero ancora uno studente di Belle Arti. Mi trovai di fronte ad una grande tela che raffigurava un’immagine che avevo visto più volte: una porzione di strada con i cartelli verdi che indicano l’uscita verso i Lidi Playa con un uomo che spinge un carrello vuoto ai margini del guard rail e sullo sfondo uno spiaggia giallastra con gli scivoli colorati di un parco acquatico in disuso. Si tratta di una delle entrate/uscite della città di Catania sempre affollata di auto, motoveicoli e bus colmi di persone che vanno e vengono. In quel dipinto la scena era calma, silenziosa e metafisica.

 

Senza titolo, 2009. acrilico su tela di cotone, 200 x 200 cm.

 

Mi parve bellissimo pensare all’artista come colui che sia capace di poeticizzare un luogo con il solo segno e, nel caso specifico, con un segno così sintetico. Mi impressionò la capacità di Filippo di innalzare concettualmente e visivamente luoghi considerati marginali o dalle poche potenzialità estetiche, come una curva di asfalto o un casolare tra gli alberi.

 

 

Il lavoro di Filippo la Vaccara, però, va oltre in quanto è in grado di infondere un valore nuovo e sempre più alto, non solo ai luoghi ma in generale a ciò che raffigura.

Nel tempo, ho avuto la possibilità di avere, sull’operato di Filippo, una visione più ampia, ho scoperto che, oltre alla pittura e al disegno, Filippo opera manipolando molteplici materiali (carta, legno, ceramica, metallo), la tridimensionalità offre altre possibilità sensoriali oltre la mera visone; penso alle sculture di carta o alle grandi teste indossabili che possono diventare azione performativa servendosi talvolta della fotografia e del video; gli animali giganti di carta pesta che compiono azioni sorprendenti ma anche i ritratti a persone che Filippo incontra; magari mescolandone i tratti somatici.

 

Senza titolo, 2001. Legno, ovatta, stoffa, pittura vinilica, h. 300 cm. Studio dell’artista, Milano.

Sovente, La Vaccara utilizza la grande dimensione sia pittorica che scultorea: una gallina di quasi 3 metri, un furgoncino che pende da un soffitto, una automobile di lamiera; ma anche le tele come finestre su un mondo a dimensione reale. Questo formato “gigante” è evidentemente un modo per sottolineare il potenziale poetico delle rappresentazioni e per dare allo spettatore la possibilità di immergersi in esse. Certo, questo vale per tutti gli artisti, ma Filippo La Vaccara come se riuscisse a enfatizzare e sproporzionare il significato di oggetti, forme e immagini che compone.

In questo caso “grandezza” non corrisponde a “monumentalità”; la monumentalità ha sul tempo la costante dell’imperituro invece nelle opere di La Vaccara c’è sempre un’accezione effimera una certa potente caducità che sottolinea l’esigenza di servirsi in fretta di quelle visioni, di servirsi di quei luoghi e di quei personaggi, di nutrirsi di essi, di ascoltarli perentoriamente.

 

Storie del Bambino Volante, a cura di Enzo Fiammetta. Museo delle Trame Mediterranee, Gibellina, 2024.

 

Proprio questa estate in visita alla Fondazione Orestiadi di Gibellina ho rivisto una gigantesca tela senza titolo di Filippo che ritrae due oblunghi personaggi con la testa tra le mani, curvi verso il basso, in un contesto naturale tra cielo e terra. Subito l’istinto è stato quello di andare sotto la tela invece che osservarla di fronte; ho percepito la necessità di farmi sovrastare dall’immagine così da immergermi e diventarne parte. L’invito o meglio lo stimolo è alla partecipazione, a lasciarsi circondare o potremmo dire “indossare” dall’opera; volendo essere più precisi le sue opere attraggono per poi incombere su chi ne fruisce.

 

Lo scorso Dicembre proprio noi di balloon project abbiamo voluto la pubblicazione del libro “ITINERARIO”: un volume ricco di immagini dall’archivio personale dell’artista mediante il quale abbiamo cercato di raccontare l’esperienza artistica di Filippo, esperienza che muove di pari passo con il nostro progetto curatoriale, nato nel 2012 a Catania, città che ci accomuna.

 

 

Un libro, forse più di una mostra, ha la capacità di permanere a lungo; si può tornare a sfogliarlo, toccarlo, dedicargli del tempo. Inoltre la sua progettazione, cura e produzione è stata l’occasione per attivare nuove riflessioni e rafforzare i legami artistici e intellettuali tra le persone coinvolte.