Editoriale

Ed io, cosa sono io?

 

Cosa vuol dire essere? Cosa siamo? Siamo corpo e spirito? Oppure ognuno di noi è l’unione di tante cose che si manifestano tramite un corpo? E questo corpo è un contenitore di tutto ciò o rappresenta l’unica cosa che realmente siamo?

Rispondere a queste domande è complesso, provarci significherebbe aprire riflessioni di stampo filosofico, scientifico, religioso, psicologico, etico. Non è però impossibile tentare una comprensione personale e intellettuale dell’io, che vada oltre questi campi, ma in particolar modo oltre quello psicologico, per il quale è ritenuto quella struttura incaricata di entrare a contatto con realtà interiori ed esteriori, capaci di costituire e definire la personalità individuale.
In tal modo sembrerebbe che l’io sia qualcosa di estremamente legato all’umano e che senza quest’ultimo non potrebbe essere minimamente pensabile, riconoscibile, esistente. Qualcosa, dunque, di ben definito all’interno di un perimetro di senso. È nel momento in cui si spezza questa concezione e si libera l’io a nuove interpretazioni e a nuove connessioni, che si avvia un processo di immaginazione e costruzione di nuove dinamiche individuali. Inutile dire che per farlo c’è bisogno di una determinata consapevolezza di sé e di tanto coraggio.

 

Marta Roberti (1977) è un’artista impegnata attivamente nell’analisi di quell’io senza limiti, che nelle sue opere si libera dalle forme che lo relegano all’umano e giunge su nuovi piani di valore, connessi al mondo animale, al mondo vegetale oppure ad un mondo totalmente immaginifico dove le diverse specie si fondono per generare un nuovo stato corporeo dell’io; un modo quasi fiabesco e mitologico per parlare di identificazione e connessione ad altri stati della vita.

L’opera SHEGOTLOVE 1 fa parte di una serie di disegni dal nome Love drawings – risalente al 2017, ma ancora in evoluzione –in cui l’artista bresciana raffigura scene d’amore archetipiche fra due figure a tratti umane e a tratti animalesche. Le scene riportate appositamente su carta cinese, acquisiscono un importante fragilità, trasmessa proprio dal supporto, che tramite le sue pieghe e le sue imperfezioni, mescola le proprie ombre ai cambiamenti tonali dei soggetti, contribuendo a generare immagini eteree, ma restituendo un apparente strato epidermico ed estremamente carnale.

Quest’opera, apparentemente semplice nella proposta dei soggetti e della scena, nasconde fra i tratti dei pastelli, immagini operanti. Questa tipologia di immagini è comune in opere d’arte intime, riflessive e sensibili, in quanto tendono a non mostrarle in modo esplicito, ma a suggerirle. Parrebbe più corretto definirle “immagini invisibilmente operanti”, ma si ritrovano in uno stato di sospensione fra ciò che è facilmente e comunemente visibile e ciò che è visibile, ma non ad uno sguardo poco attento, distratto e privo di una sensibilità alla percezione del senso. Per tal motivo non mi è possibile definirle invisibili, ma unicamente – come se fosse poco – “operanti”. Queste sono perciò immagini attive, ovvero abili nell’apertura di una dimensione significante, in cui il contenuto o i contenuti sono liberi dai legami temporali e spaziali. Una dimensione significante universale, impossibile da influenzare, possibilmente eterna.

 

Nell’opera di Roberti, due figure umane si fondono perfettamente nel colore, nei segni e nella forma, in un abbraccio. Le due figure non riportano dettagli che possano far intuire il sesso, ma semplicemente l’età. Di fatti una delle due figure appare più grande, abbandonata ad avvolgere fra le braccia la seconda figura più piccola, come fosse il figlio. Entrambe nude e sospese nel vuoto della carta, sfuggono spiritualmente al mondo materiale, agli eventi e alle regole che lo determinano, formando una nuova figura, un’unicum in cui non sono più riconoscibili le caratteristiche umane e che non si trova in nessun tempo o in tutti i tempi. Un abbraccio fra due tempi: il passato e il futuro che si incontrano in un limitato presente rendendolo eterno. Un incrocio di corpi, di sguardi socchiusi e abbandonati al godimento del momento d’amore, silenziosi, ma capaci di urlare oltre i confini del supporto un concetto universale che supera l’umano e che delicatamente giunge persino all’informe e all’arte.

Tutto sembra comprensibile grazie alle immagini operanti, traduttrici di concetti legati indissolubilmente all’io di ogni individuo. Ma l’opera di Roberti non è chiara come sembra. È grazie a quella magica liberazione dell’io – dunque anche di ciò che lo costituisce – dalla dimensione umana, che le due figure possono iniziare a rappresentare altro, senza limiti, alla deriva nelle immaginazioni e nelle interpretazioni di ognuno. Due amanti, un padre, una madre, un figlio o una figlia. Infinite combinazioni d’eventi individuali. Si abbraccia un malato? Si abbraccia per un addio o qualcuno è ritornato? Qualcuno nasce o qualcuno muore? Stiamo realmente vedendo un abbraccio o la rappresentazione del movimento poco prima del totale distacco dei due corpi? Si potrebbe proseguire probabilmente senza una fine con queste domande e ognuna di esse ne aprirebbe delle altre. Forse a seguire ognuna di queste ci si potrebbe chiedere: e allora che significa?

L’arte raramente fornisce risposte, solitamente pone domande che riflettono e che pongono nella situazione di riflettere, opera indiscutibilmente legata al proprio io. Lo stesso io che Marta Roberti stuzzica e studia per poter continuare a porre domande, capaci di innescare quel processo di apparizione di immagini operanti poetiche e dalla delicata raffinatezza intellettuale.

 

Marta Roberti, SHEGOTLOVE 1, pastelli ad olio su carta cinese, 53X62cm, 2018

 

BIO

Marta Roberti vive e lavora a Roma. Dopo la laurea in Filosofia si è diplomata in Cinema e Video all’Accademia di Belle Arti di Brera. Il disegno è il mezzo principale che declina in installazioni e video animati, attraverso il quale esplora le relazioni tra gli umani, gli altri animali e il mondo vegetale, studiandone e rielaborandone i miti e la loro rappresentazione a cavallo tra Oriente e Occidente. Le sue opere sono state esposte in Italia, Spagna, Cina e India.