Art

 

Metamorfosi radicali

Niederstätter (tra) arte e impresa

 

In occasione dell’inaugurazione della Scuola Secondaria di I grado – modulare – Ada Negri di Bolzano, si ripercorrono le origini e lo sviluppo dell’immenso organismo Niederstätter che da più di quarant’anni si occupa d’arte (e) d’impresa.

 

Mettere radici, costante a cui qualunque essere umano tende nel corso della vita. Ma qual è il senso effettivo del “mettere radici” e, soprattutto, cosa è davvero necessario all’evoluzione di un bisogno che pare imprescindibile per lasciare traccia. Se poi fossimo noi stessi il soggetto di un tale profondo attecchimento, la ricerca si farebbe ancor più intrigante.

Il tentativo di illuminare alcuni punti salienti dell’insediamento sotterraneo invisibile agli occhi, che permettono una ricostruzione dettagliata del processo generativo di ciò che è manifesto in superficie, diventa pretesto per raccontare lo storico sodalizio tra Sabine Gamper e Maria Niederstätter, assi “secolari” dal silente fragore nella florida foresta culturale altoatesina, rinvigorito in ultima dall’ingresso di Daniela Niederstätter, giovane germoglio nella catena generazionale familiare. Un terreno tutt’altro che arido quello del Sudtirolo che, contrariamente agli ottusi luoghi comuni che vorticano attorno al suo conto, ha fatto delle diversità forza e delle sfide crescita, non senza intralci. Cassa di risonanza naturale a questa asserzione è proprio il rapporto tra le tre donne che, tramite una collaborazione decennale, hanno trasformato una zona di confine stagna in pulsante luogo di incontro dal quale assorbire nutrimento creativo, poiché qui lingue sconosciute dialogano, professioni antipodali si intrecciano e idee innovative si fondono generando una fitta rete rizomatica potenzialmente estendibile all’infinito.

 

Ripercorrendo a ritroso lo sviluppo di un’innervazione dalla morfologia così singolare si giunge al 2008, anno in cui Sabine lascia la direzione dell’Ar/ge Kunst per dedicarsi ad altri progetti che, tuttavia, si scopriranno non essere poi molto divergenti dall’ottica di lavoro comunitario e collettivo che costituisce tuttora la mission principale della galleria bolzanina. E non esiste tempismo migliore che potesse accogliere l’ancoraggio di un altro apparato fittonato fondante non solo la forte relazione espressa, bensì l’intero panorama imprenditoriale regionale, con echi a livello nazionale e internazionale: Maria. Pioniera dell’impero aziendale Niederstätter – che dal 1975 si occupa di offrire attrezzatura all’avanguardia e di spessore al settore delle imprese di costruzione, con annessi servizi –, Maria individua in Sabine la fonte rara e sostanziosa di energia artistica, che da sempre aveva desiderato incorporare nel team, una presenza esperta con la quale poter entrare in simbiosi e scambiare potenti messaggi radicali. Sì, perché se ci fosse da individuare la componente che contraddistingue per unicità la ditta da qualsiasi altra realtà presente in Alto Adige, sarebbe da ricercarsi, al di là della cardinale transdisciplinarità, proprio nello spiccato impegno culturale di cui si fa portatrice perché “È un folle chi vuole separare la cultura dal lavoro” (Antoine de Saint-Exupéry). Questa comune propensione e, specie, l’interesse verso l’arte contemporanea hanno premuto vicendevolmente in maniera talmente intensa da originare un’interconnessione anastomotica che ha congiunto due ceppi differenti nel nome della qualità. Risultato del connubio? Metaforicamente e letteralmente un elemento strutturale nuovo e unico nel suo genere, che tenga conto altresì della questione sociale intesa in tutte le sue molteplici diramazioni: l’art container.

 

“Siate veri”, progetto artistico di Elisabeth Hölzl e Werner Gasser, Fiera di Bolzano, 2005. Photo courtesy of Andreas Marini

 

Cellula modulare mutevole – pertanto adattabile allo svolgimento di funzioni plurime – e rapidamente assemblabile, il container si inserisce entro i prodotti che Niederstätter SpA mette a disposizione con l’intento di soddisfare le numerose richieste di spazi da poter fruire quotidianamente, con altrettante soluzioni avanguardistiche di personalizzazione. Tra le possibili destinazioni, l’esigenza di un posto dove allestire delle opere d’arte ha rappresentato il primo frutto acerbo dell’innesto tra Maria e Sabine, progenitrice nonché curatrice dei Parallel Events di Manifesta 7, dei quali la Niederstätter è divenuta sponsor donando diversi container utili all’esposizione temporanea degli elaborati, ma anche parte essi stessi delle installazioni pubbliche di grundlos glücklich (felici senza ragione). Di qui un aggiustare il tiro per fortificare le basi di questo insolito organismo estroso e renderlo il più professionale possibile; emerge la volontà di una Maria assolutamente visionaria di selezionare da sé e coinvolgere attivamente gli artisti alla vita dell’impresa attraverso l’interazione a monte con alcuni articoli – soggetti alla vendita o al noleggio – che facilmente vi si prestano e, soprattutto, con gli acquirenti, non sempre propensi all’incontro con figure creative che dal canto loro si sono sentite talvolta incomprese e sottovalutate. Fondamentale, perciò, è l’incarico di Sabine che, da traduttrice fedele e mediatrice attenta tra due specie apparentemente incompatibili, mira a consolidare equamente il peso di entrambe le fazioni e instaurare legami duraturi sulla fiducia reciproca, ragione primaria dell’autoctonismo della totalità degli artisti che in precedenza avevano già dimostrato sia grande capacità di supportare piani così audaci che sensibilità nei confronti di situazioni sociali critiche e contesti urbani scomodi.

 

A tanta dedizione è succeduto quindi un proliferare di gemme feconde dalle quali, una volta in campo, trarre linfa rigenerativa. I ripetuti interventi dell’artista Manfred Alois Mayr sono un esemplare decisamente significativo di questa fioritura. Collocandosi negli interstizi del tessuto corticale tra design, arte visiva e architettura designati come campi sottoposti a costante analisi evolutiva, il cermese classe 1952 viene invitato in primis ad interagire con i container-ufficio della sede Niederstätter a Campodazzo, allo scopo di accrescerne il valore e aumentare il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori. Così, assimilando in certa misura il proposito eliassoniano di restituire costanza meteorologica con il celebre The Weather Project e ribaltando l’altrettanto noto procedimento delocativo di Parmiggiani, Mayr dipinge integralmente il costrutto d’oro – celebrando il sole che tanto si nasconde nel piccolo paese di provincia quanto è vitale all’incremento vegetale – fissando a parete simulazioni di ombre e riflessi provocati dall’illuminazione sintetica. Per la Sala del pensiero ricorre all’azzurro, il colore del cielo, mentre l’attitudine da interior designer si palesa coerentemente in una scala di tondini in ferro (materiali ricorrenti in Mayr) in pieno stile cantieristico ed edilizio. L’estetica che ne deriva rispecchia appieno il binomio arte – ditta, in cui la prima funge da catalizzatore qualitativo per la seconda. Ma il vero apice di questi accostamenti rigogliosi viene raggiunto nell’Art on Building effettuato su un istituto scolastico.

 

Scuola Ada Negri; progetto artistico di Manfred Alois Mayr, Scuola Ada Negri, Bolzano, 2023. Photo courtesy of Schreyer David

 

Soluzione temporanea che nell’anno 2023/2024 accoglierà gli studenti in attesa che l’edificio originario venga ristrutturato, la Scuola Secondaria di I grado e modulare Ada Negri – realizzata con il supporto di Carron Bau, Vitralux e Mak Costruzioni – è stata recente oggetto di un’operazione artistica importante interamente finanziata da Niederstätter. Avendo di fatto compreso lo scetticismo dei genitori nel mandare i propri figli a scuola all’interno di container, Maria con il sostegno di Daniela – a cui, dopo il passaggio ufficiale di testimone in occasione del 45esimo anniversario di attività dell’azienda, stanno gradualmente passando le redini del progetto –, si affida ancora una volta alle abilità di Sabine e, soprattutto, di Manfred chiamato a prendersi cura della facciata esterna. Un gesto cromatico site specific molto più minimale quello che traccia i confini di un’architettura inedita tra gli elementi componibili, quasi fosse un gioco antropologico e sociale, un circuito stolonifero armonico di tonalità calde e fredde, ora affini all’ambiente naturale circostante, ora discrepanti.

 

 

In ogni caso, in questo così come in tutti i contributi artistici concepiti da Niederstätter in merito ai container (ma anche alle gru), chi alla fine raccoglie i frutti del lungo processo formativo descritto è la persona, ed è per la persona, per la sua memoria, che Sabine, Maria, Daniela e tutto l’incredibile ingranaggio che si schiera assieme a loro mettono radici, anzi, sono radici, perché la voglia di condividere è persistente al punto tale da sopravvivere a qualsiasi fenomeno distruttivo, perché solo collaborando cultura e società possono abbattere le barriere immateriali e crescere, perché solo insieme si riesce a pensare e vedere il mondo dalla cima di un albero.