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Intervista ad Alice Valenti

 

Alice Valenti, “un’ex bambina innamorata del gioco e della magia dell’arte”, si racconta in questa intervista ripercorrendo gli anni della sua formazione a Pisa e dell’apprendistato in Sicilia presso la bottega di carretti siciliani del Maestro Domenico Di Mauro fino alle sue recenti collaborazioni con importanti aziende, come Amara Averna, Smeg-D&G e la Di Stefano.

 

Alice Valenti, Omaggio a Pippo Rizzo, 2018, acrilico su tela, 80×80 cm.

 

Chi è Alice Valenti? Raccontaci brevemente di te.
Sono un’ex-bambina innamorata del gioco e della magia dell’arte. Dopo una laurea a Pisa in Conservazione dei Beni Culturali, ha inizio il mio apprendistato pittorico in un luogo speciale: la bottega di carretti siciliani del Maestro Domenico Di Mauro, ad Aci Sant’Antonio. Durante gli anni di bottega, grazie anche alla ricca libreria di uno zio colto e curioso, ho approfondito autonomamente altri aspetti dell’arte popolare siciliana (opera dei pupi, ex voto, pittura dietro vetro) andando in cerca delle botteghe ancora esistenti sul territorio. Comincio a sperimentare oltre il solco della tradizione finché arrivano le prime collaborazioni importanti, tra cui le etichette per Averna Limited Edition e i Frigoriferi d’Autore Smeg-D&G. Credevo di dover continuare il mestiere del mio Maestro, adesso riconosco che è stato un meraviglioso punto di partenza.

 

Chi sono gli artisti che ami?
Da ragazzina mi sono nutrita dell’elegante ironia di Ertè e di Piero Fornasetti. Durante gli studi universitari ho amato il “realismo magico” di Felice Casorati, l’acceso cromatismo dei tedeschi August Macke e Franz Marc, il mondo poetico di Pippo Rizzo, capofila del futurismo siciliano, che nella sua fase matura intorno agli anni ’50 rivisita l’iconografia popolare e folcloristica senza cadere mai nel provincialismo. Ho scritto una tesi di laurea su una grande donna e pittrice palermitana, Lia Pasqualino Noto, fondatrice negli anni ’30 insieme a Renato Guttuso del Gruppo dei Quattro, le cui osservazioni sul ruolo della donna nell’arte sono sempre state un monito: «…Riuscire a raggiungere una certa considerazione, circoscritta nei limiti della compiacenza maschile, poteva essere relativamente facile agli inizi, ma superare la barriera che ad un certo momento si frapponeva tra la donna e il conseguimento di più alti riconoscimenti era praticamente impossibile».
Una volta intrapresa la strada della pittura, ecco l’incontro con l’opera di Antonio Brancato, Bruno Caruso, e ancora Francesco Lauretta e Andrea Di Marco: il loro modo di guardare alla tradizione è stato per me una potente suggestione, e uno sprone a proseguire la mia ricerca.

 

Alice Valenti, “Spiranza”.

 

Come definiresti il tuo lavoro?
Una sfida a singolar tenzone con il kitch! La mia immaginazione si nutre costantemente delle ingenue preziosità dei dolci tipici, delle maioliche greco-bizantine, degli ex-voto e dei finimenti dei cavalli bardati a festa. Mi diverto a rintracciare il filo conduttore di un sentimento popolare che vive ancora nelle viscere catanesi, e confesso che in tutto questo lavorio convivono sentimenti contrastanti.

 

C’è stato un evento o un incontro in particolare che ha segnato una svolta nella tua ricerca?
L’incontro nel 2016 ad Acitrezza con il Cantiere Navale della storica famiglia Rodolico, maestri d’ascia ed eredi di un mestiere antico alle prese con la modernità e, purtroppo, con l’ottusità di certa politica. Da quell’incontro è nato il progetto “Spiranza”: un gozzo dipinto e un documentario che nel 2017 sono diventati una mostra personale presso la Galleria KoArt di Catania. Grazie a quell’esperienza ho in un certo senso individuato il campo d’azione del mio fare artistico, ciò che mi dava emozione: indagare l’umanità che sta dietro l’artigianalità, provare a raccontare l’humus del mio tempo, le sue dinamiche sociali, attraverso lo strumento della tradizione e del folklore.

 

Hai all’attivo molte collaborazioni con prestigiose aziende per cui hai realizzato varie collezioni a tiratura limitata. L’ultimo progetto è la latta d’artista che hai disegnato per la Di Stefano. Raccontaci com’è nato e si è evoluto nel corso di questi due anni il tuo rapporto con l’azienda, iniziato già lo scorso anno sempre in occasione del Natale, giusto?
Industria01 mi contattò nel 2017 per avviare una “Limited Edition” natalizia con l’azienda Di Stefano, nata a Raffadali negli anni ’80 come piccolo laboratorio di pasticceria artigianale a conduzione familiare e pronta a spiccare il volo sul mercato. In quell’occasione ideai due grafiche – una ruota di carretto e un duello di paladini – sapientemente serigrafate da Salvatore Fallico su vassoi di legno, che al valore del “fatto a mano” univano la voglia di restituire un’immagine rinnovata dell’iconografia tradizionale. Quest’anno la “mission” dell’azienda di affiancare ai prodotti dolciari l’opera di artisti siciliani si sdoppia, e insieme a me c’è il designer calatino Andrea Branciforti con il suo piatto-cadeau in laminam. A me è stata affidata la decorazione della latta. Un invito a nozze, poiché amo le scatole e da tempo colleziono latte di alici sottosale.

 

“Spiranza” e Gianni Rodolico ad Acitrezza.

 

Tre medaglioni, una selva mediterranea, tanti colori e tanta Sicilia nella tua latta, Sicilia e vitalità che riecheggiano ancora più insistentemente nel video teaser che avete realizzato per la campagna natalizia. Dal concept della Special Christmas Edition alla sua realizzazione, fino alle riprese in studio, vogliamo conoscere tutto il backstage di questo progetto.
Lavoro di squadra, professionalità e anche tanto divertimento è stata la ricetta di questo progetto.
Il concept che sta alla base della latta è il sistema di valori trasmesso dall’Opera dei Pupi, genere teatrale e fenomeno culturale molto importante per noi siciliani a partire dalla metà dell’800, che per molti aspetti permea ancora oggi il nostro sentire. L’eterna dimensione della lotta, l’inconciliabile contrapposizione di valori viene sintetizzata nei tre medaglioni raffiguranti i personaggi-chiave, gli archetipi dell’epopea epico-cavalleresca: il cavaliere, il moro e la donna. Per quest’ultima ho preferito i panni della guerriera piuttosto che quelli dell’ingannevole maga o della dama sempre in attesa di essere salvata: un omaggio e un auspicio per le donne di oggi.
La lussureggiante vegetazione mediterranea, sintetizzata in forme geometriche dalle campiture piatte, crea sullo sfondo un gioco di pieni e di vuoti, mentre sul coperchio ho usato i colori della grecità e del carretto per riecheggiare gli stendardi delle giostre medievali.
Una volta portato a termine il progetto, abbiamo improvvisato una festa/shooting nel mio laboratorio, con la partecipazione di una persona speciale: lo “sperimentatore di suoni” e videomaker Riccardo Napoli ha letteralmente “suonato” le mie latte per creare la colonna sonora del teaser.

 

A cosa stai lavorando, adesso?
Alla felicità

Pippo Rizzo, “Carabinieri”.

 

Copertina: Ritratto di Alice Valenti nel suo studio – Ph Alessandro Castagna.