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Intervista ad Alessandro Stein | Collezionista

 

Alessandro Stein, collezionista d’arte contemporanea, nato a Milano nel 1973, oggi vive e lavora tra Milano e New York. Attualmente gestisce diverse gallerie e si occupa della promozione di giovani talenti pittorici prevalentemente italiani tramite il progetto CANVVAS PROJECT.

 

Chi è Alessandro Stein e cos’è CANVVAS PROJECT? Raccontaci un po’ del tuo percorso nel mondo del collezionismo…

Sono Alessandro, un collezionista d’arte contemporanea, sono nato nel 1973, vivo a Milano, anche se ho vissuto in passato a New York per alcuni anni, e periodicamente ritorno. Il mio lavoro consiste nel gestire diverse collezioni private negli stati Uniti e in Italia. Ho iniziato la mia “avventura” nel collezionismo sei anni fa, lavorando anzitutto per me stesso, a una collezione personale e poi per collaboratori e amici. Con il tempo ho capito che collezionare oltre a una passione personale poteva diventare un lavoro vero e proprio, e ad oggi la mia collezione conta circa 280 opere.

Da circa due anni grazie a Instagram (che considero uno strumento dalle enormi potenzialità) porto avanti “ CANVVAS PROJECT”, un progetto che tenta di  raccogliere il meglio della pittura all’ interno dell’ arte contemporanea “giovane”, soffermandomi spesso e volentieri su alcuni talenti italiani meritevoli. Quando ho iniziato a collezionare nel 2002 prendevo molti artisti inglesi, tedeschi, americani, attualmente invece il mio focus si è spostato sull’ Italia.

 

CANVVAS PROJECT è una raccolta che si occupa esclusivamente di pittura, perché questa scelta? E come si colloca, secondo te, l’Italia nel complesso panorama dell’arte contemporanea internazionale?

Negli ultimi 3 anni stiamo assistendo a un ritorno prepotente della pittura all’ interno del sistema dell’arte e delle fiere, è un dato di fatto significativamente importante per chi fra i collezionisti ama questo medium, per questo tento di mappare il fenomeno, con l’intenzione di capire/conoscere/ archiviare e collezionare già da ora anche la produzione più giovane italiana.

L’arte contemporanea italiana giovane, che a livello di collezionismo è quello che mi interessa di più in questo momento,  parlando per esempio di pittura,  non è ancora contestualizzata in dinamiche internazionali, c’è però modo oggi, anche grazie alla rete, di  creare la visibilità internazionale necessaria per gli artisti e al contempo sviluppare un gusto necessario. La grande sfida nell’ arte oggi sia per gli artisti che per i collezionisti è la globalizzazione, l’omologazione del gusto e di alcuni criteri estetici.

 

Nella tua attività da collezionista che criteri segui oltre a quelli sopraddetti? La conoscenza diretta degli artisti gioca un qualche ruolo? Spesso il collezionismo d’arte contemporanea è legato anche ad un’attività di mecenatismo…

Amo seguire l’attività e l’evoluzione del lavoro degli artisti che ho in collezione, vado spesso a fare studio visit dagli artisti stessi, anche perché credo che il processo di evoluzione in sé, per gli artisti, rappresenti una componente fondamentale e assolutamente inseparabile dal lavoro “finito”, oltre alla tela insomma c’è sempre un universo determinante che va conosciuto e compreso. Poi ogni artista ha la sua storia, ed è dovere di ogni collezionista informarsi a fondo e capire da cosa sono mosse alcune scelte nell’ambito di un percorso personale. Detto ciò, compro spesso in galleria; credo che le gallerie, quelle serie, svolgano un ruolo fondamentale.

 

Promozione artistica e social media: come vedi questo connubio e quali le potenzialità ancora da sfruttare?

I “social media” oggi rappresentano insieme ai blog e siti di settore l’80-90 percento della divulgazione del materiale artistico, in particolare piattaforme più semplici e conosciute come Instagram permettono a un collezionista una fruizione veloce, utilissima per sapere quello che accade, poi ovviamente si approfondisce. Questo dei social è sicuramente un grande aiuto per arrivare a “studiare” successivamente i nomi emersi da ricerche veloci effettuate online.

Oggi tutte le più grandi gallerie hanno un profilo Instagram che tengono aggiornato costantemente… insomma qualcosa vorrà dire..

Da quando ho aperto il mio profilo online, mi sono accorto che il mio modo di collezionare è completamente cambiato, si è aperto praticamente un’ universo e ho preso lentamente coscienza degli errori da evitare e delle cose da preferire, insomma rispetto a 10 anni, credo di essere diventato molto più “responsabile”.

 

Da Balzac a Benjamin, passando per Baudrillard, scrittori e sociologi hanno descritto l’atto del collezionare come un’ossessione dai tratti quasi maniacali. Che rapporto hai con le opere che possiedi? E con quelle che vorresti possedere?

Ho diversi lavori appesi alle pareti, amo condividere del tempo con amici a commentare e guardare, credo che la funzione “pratica” delle opere sia forse proprio questa, stimolare il dialogo per far emergere riflessioni che altrimenti non uscirebbero in altro modo.

Un’altra mia fissazione è quella di spostare una volta all’ anno i lavori sia per appendere i nuovi  sia per  cambiare gli accostamenti, un buon lavoro appeso nel posto sbagliato risulta talvolta “ spegnersi”, appendere nel modo migliore è fondamentale. Insomma, i chiodi alla stessa altezza di certo non bastano…

Il mio rapporto con le opere che vorrei possedere? Un tempo era più ossessivo, ma adesso sono entrato in una dimensione più riflessiva, studio a lungo il caso in questione prima di iniziare a collezionare.

 

Infine qualche nome: tre artisti che hai da poco inserito in collezione? vuoi parlarci brevemente della loro ricerca?

Gli ultimi tre nomi che ho inserito in collezione sono

Matthias Esch: arriva alla pittura attraverso un approccio sostanzialmente viscerale, lontano da simbologie definite, significati pesanti, restituisce immagini stratificate, indipendenti, apparentemente complesse nella struttura ma allo stesso tempo molto semplici.

Wade Guyton: non proprio emergente direi, ma ormai un mostro sacro che “porta” un nuovo modo di fare pittura. Non potevo aspettare per averlo in collezione. Munito di plotter industriali, indaga la stampa meccanica stessa come mezzo per dipingere a tutti gli effetti su grandi superfici.

Francesco De Prezzo: scioglie o copre i soggetti dei suoi dipinti, approfondendo dall’interno un’ idea di sintesi molto radicale, arrivando da una pittura molto attenta al grado zero della rappresentazione visiva.

 

In copertina: Matteo Fato – Nudo all’ antica – oil on lein, 50×50 cm on case for trasport in plywood – courtesy Monitor, Rome-Lisbon.