Un “glitch” nella diaspora:
Celestial Throne di Rah Eleh
Anticamente, il termine “diaspora” era riferito per indicare lo sradicamento di interi popoli dalla loro terra d’origine, e la loro conseguente dispersione per il resto del mondo. Nella società di oggi il termine ha assunto un significato più ampio e sfaccettato, non riferendosi più solamente alla migrazione di un intero popolo ma anche agli spostamenti dei singoli individui, correlati a cause ambientali, politiche, sociali, eccetera.
L’esperienza diasporica non può prescindere dal confrontarsi e dal mettere in discussione concetti come identità, genere, etnia, religione, sessualità: su questo tema, e non solo, si concentra il lavoro Celestial Throne dell’artista Rah Eleh, presentato in Italia alla 59esima Biennale d’Arte di Venezia del 2022 all’interno della sesta edizione del progetto Personal Structures, promosso dall’European Cultural Centre (ECC).
Celestial Throne si configura come un’installazione video a due canali di ventidue minuti in cui si svolge una puntata di un’omonimo show televisivo fittizio, ispirato al game show americano Jeopardy!, in cui, al contrario dei classici quiz, ai concorrenti sono forniti indizi per indovinare la domanda e non la risposta.
Eleh si serve di uno show televisivo come medium per mettere a nudo e criticare i meccanismi più sottili e al tempo stesso impattanti della società, esaminando gli stereotipi che subiscono le persone razializzate all’interno di un pensiero di destra sempre più pervasivo: ad esempio la concorrente Oreo, che, come afferma l’artista, superficialmente “ha l’innocenza di una millennial ma il suo modo di pensare scava più a fondo”, mostrando come gli ideali dell’estrema destra si siano insinuati sottilmente e subdolamente anche nello slang dei più giovani, quasi a diventare un fenomeno di cultura pop, e come il linguaggio violento sia stato assorbito dai social fino a divenire qualcosa di scherzoso e giocoso – gli indizi che vengono forniti nel gioco sono infatti meme appartenenti all’ estremismo razzista e nazionalista su internet.
Tra i concorrenti dello show, rappresentati da personaggi che l’artista ha performato negli anni, è peculiare la presenza di Coco: Coco rappresenta la resistenza, la comunità diasporica e il “diverso” – secondo l’artista, è un personaggio che agisce “in between” (“nel mezzo”, per l’appunto) -, è un “soggetto ibrido”, dall’aspetto alieno, che non parla la lingua coloniale, ma si esprime tramite i movimenti della danza waacking, danza nata nei gay club di Los Angeles negli anni ‘70. È l’unico personaggio che vediamo spostarsi da un luogo all’altro, e che rifiuta l’appartenenza a dei confini definiti, dimostrando che le comunità ai margini non hanno bisogno di omologarsi alla maggioranza che detiene il potere per avere un posto nel mondo, ma costituiscono un terreno fertile per sviluppare delle alternative.
Pur essendo Coco l’alieno per le altre concorrenti, appartenenti a quella classe bianca e privilegiata, esse stesse sono rappresentate in maniera parodistica, in un’atmosfera quasi futurista e onirica: come in un sogno terribilmente reale.
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