Editoriale

Superfluo è un eufemismo

Propensioni e azioni alle questioni eco

 

L’equilibrio precario tra spreco e super-eco si gioca a suon di campagne che inneggiano alla salvaguardia e alla tutela del nostro eco-sistema e di campagne che promuovono nuovi prodotti. Ma siamo sicuri che ne abbiamo davvero bisogno?

Effettivamente, oggi, il “green”, il sovrabusato colore verde, è associato a troppe questioni, diciamolo pure, per nulla semplici. E più che simbolo di “lasciapassare”, sembra essere diventato un lucchetto di cui non si riesce più a trovare la chiave.

Siamo dentro il paradosso di “Leonia”. Ricordate il racconto di Italo Calvino ne Le città invisibili che descrive la città di Leonia intenta a mondarsi da una ricorrente impurità per risplendere della quotidiana magnificenza del nuovo?

 

…più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d’ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.

 

L’accumulo di materia è talmente radicato in noi da non distinguere più il confine tra quanto quest’attitudine sia conscia o inconscia e ciò assimila il nostro agire a quello dei muscoli involontari del corpo umano, che rispondono agli impulsi del sistema nervoso autonomo senza poter esercitare nessuna azione di volontà. Dovremmo fermarci, lo sappiamo bene, ma continuiamo a creare bisogni cui assolvere, aggiungendo e mai sottraendo.

Dopo la Lectio Magistralis in educazione civica globale di Greta Thunberg – perché è chiaro a tutti che non si tratta solo della questione ecologica – arriviamo a capire che il punto non è soltanto contenere gli sprechi e non produrne ancora, ma anche come dare nuova vita a quanto sia già stato prodotto, a quanto ancora persista nonostante sia divenuto rifiuto. Come possiamo riuscirci senza alimentare il circolo vizioso dello spreco?

 

Se da un lato il design, con una progettazione proattiva e a favore di sistemi prevedibili offre occasioni di ricerca e formulazione di un’operatività, l’arte visiva che ruolo può avere in questi meccanismi? Scopriamo subito che l’arte è generatrice di un processo culturale che trova nella relazione e nell’osservazione terreno fertile ed è capace di offrire un pensiero facilmente interpretabile e soprattutto assimilabile. Fare arte è un’azione rivoluzionaria già di per sé e farla ponendo al centro della questione importanti interrogativi come quelli della natura, della sostenibilità e dell’ecologia, non fa altro che avvalorare ogni possibilità e risposta.

In questo numero analizziamo il ruolo delle arti visive attraverso le esperienze di alcuni artisti che pongono la natura quale principale protagonista delle loro ricerche. Proviamo a capire il ruolo del design e della progettazione – dall’architettura all’editoria – analizzando idee e pratiche che offrono occasioni culturali ed economiche per un’eventuale revisione del problema ecologico a partire dalle comunità.

 

La cover di questo mese è un frame dal video di Noemi Mirata Malum granatum in cui si vede una donna, immersa in un ambiente naturale che tiene in mano e poi mangia un melograno simbolo di produttività, ed anche dell’unità del popolo, poiché i grani sono stretti tra loro. La pianta richiede pochissima acqua e cresce su ogni tipo di terreno, quasi a costituire una specie di miracolo e di dono della natura in terre aride e brulle. Questa immagine e il suo significato si applicano bene alla nostra idea di ridare senso alle relazioni tra gli individui per generare cambiamento, adattarsi alle condizioni e lentamente trovare le risorse per generare nuovi frutti.

 

 

SOMMARIO

 

Fiction is action: rigenerare è una cultura artigianale

di Bianca Basile

 

l’arte della natura

di Laura Cantale

 

Vari(e)azioni di quartiere

di Alessandra Mazzeppi

 

GREENder – Relazioni sostenibili

di Gloria Occhipinti

 

La seconda chance fa bene ed è cool

di Anna Papale