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(The last) Intervista live: Miriam Montani

Puoi raccontarci la tua esperienza in residenza a Viafarini?

La mia residenza a Viafarini è iniziata nel gennaio 2019, precisamente agli archivi della Fabbrica del Vapore; si è interrotta a marzo ed è ripresa a settembre presso l’altra sede di via Carlo Farini.  Al momento è sospesa a causa dell’emergenza sanitaria ma mi trovo comunque a Milano.

Il lavoro su cui si sono concentrati i primi tre mesi di residenza consiste in grandi “carte” realizzate con petali di fiori pressati al buio, sulle quali ho ottenuto una sorta di mappatura tramite pigmenti, con l’intento di portare in superficie le radici – la parte invisibile – della pianta. Questo tipo di lavoro è cominciato a Venezia nel 2016, in formato ridotto e con le tecniche della ceramolle e dell’acquaforte, tramite le quali ho potuto raccogliere una serie di impronte “radicali” che ho stampato poi su sfoglie di fiori.

Nel formato più grande ho potuto affrontare oltre alla questione dell’invisibile, quella del radicamento/sradicamento da un luogo – le radici, infatti, appartengono a diversi posti in cui ho sostato o vissuto. Ho inoltre sostituito la tecnica dell’incisione con quella dello spolvero, più affine alla consistenza del petalo.

 

[Domanda dal pubblico: dove hai preso tutti questi fiori?]

Questo lavoro è nato dopo aver ricevuto moltissimi fiori per la laurea del triennio nel 2016 e invece di buttarli ho pensato di farci qualcosa. In Umbria, invece, degli amici mi davano molti fiori provenienti dai loro giardini. A Venezia, invece, molti li ho presi nel grande giardino dall’agriturismo dove lavoravo nei pressi degli Alberoni, il Lido; li raccoglievo durante la pausa tra il pranzo e la cena e li conservavo nel loro frigorifero, condividendolo con “canoce” e “schie” ecc …è stato davvero molto molto divertente. A Milano invece ho scoperto un mercato floreale all’ingrosso, punto di rifornimento anche degli ambulanti, dove i fiori costano pochissimo rispetto al canone: se continuerò questo lavoro a Milano sarà bello tornarci.

A settembre invece ho portato avanti un lavoro ideato tra la residenza di Borca di Cadore, Dolomiti Contemporanee, e Milano. Corpo lieve è stato realizzato con le ceneri degli alberi sradicati da Vaia, la tempesta che ha colpito il Triveneto e la Lombardia, recuperate dalla centrale a biomasse di Ospitale di Cadore. L’idea era quella di trasmutare il corpo degli alberi sradicati in corpo immateriale, attraverso la loro stessa componente residuale. Il lavoro si riallaccia anche al senso della mia ricerca in generale: far riemergere l’invisibile nella superficie delle cose, smaterializzare e Muovere la materia sottile che è, appunto, ciò a cui sto tentando di lavorare adesso. Ricerca il cui avvio si trova anche in lavori precedenti come Neve trasposizioni di luce, realizzata in collaborazione con i maestri vetrai di Murano. Nella trasposizione di diverse forme dalla neve al vetro è insita l’idea di spostare una materia/non materia – in questo caso la luce – da una forma ad un’altra.

 

Puoi parlarci della tua ricerca attuale?

Sino ad ora in residenza ho portato avanti lavori che traevano origine da altre città; adesso invece sto lavorando proprio sul territorio di Milano. Ho cominciato a raccogliere le polveri sottili della città, raschiando le sue superfici. Il titolo dovrebbe essere Inversioni di volo, veicolando l’idea di trasformare quello che è giacente in qualcosa di volatile e viceversa. Lo stesso discorso vale per l’invito fattomi da Raffaella Ferraro a realizzare dei lavori in formato A4 con questa polvere per la rivista Opera, che uscirà probabilmente a maggio. In entrambi i casi ci saranno delle parti di testo realizzate con questo materiale.  Altri lavori in ballo, che sono nati a Milano e che potevano nascere solo qui, sono quelli realizzati con la colla per topi e le polveri di Madreperla che sto ancora studiando. Se il lavoro non fallirà lo potrete vedere alla mostra del Premio San Fedele 2020.

 

[Domanda dal pubblico: Tra le città in cui hai vissuto quale ti ha ispirata di più dal punto di vista artistico?]

Beh, Venezia! É stata per me una vera e propria scuola dell’acqua, mi ha trasmesso le idee di impermanenza, leggerezza e trasparenza, ma anche quelle di oscurità e di ombra. Queste ultime soprattutto nella “mia prima Venezia”, precedente agli studi in Accademia, quando ero sempre alla ricerca di Tintoretto, nelle chiese e nelle Gallerie dell’Accademia e osservavo il continuo spostamento della linea d’orizzonte della città.

 

Cos’è SciameProject? Puoi parlarci di come è nato e di come si è evoluto?

SciameProject inizia con la sostituzione della X edizione dell’esposizione annuale LuciSorgenti; nata dall’iniziativa dell’artista Franco Troiani che, da trentaquattro anni ormai, promuove l’arte e la crescita dei giovani artisti in Umbria. Lavoriamo insieme al progetto dal 2008. Ho un ricordo bellissimo di questa collaborazione, degli allestimenti nei musei della città e anche dei viaggi in treno da Venezia in Umbria, carica dei lavori degli artisti “di su”.

Nel 2016 una serie di forti terremoti coinvolge il territorio di Cascia, mia città natale, ma soprattutto di Norcia.  Una delle due sedi dell’esposizione, la chiesa di S. Antonio, era stata danneggiata già in agosto. Subito dopo il terremoto più forte, quello del 30 ottobre, avevo invitato tutti gli artisti delle precedenti edizioni a portare un lavoro nella nostra terra, da esporre anche per strada, sia a Norcia che a Cascia. Le scosse però non terminavano e si susseguirono sino a novembre e la gente del posto aveva altre esigenze in quel momento. Per questo è nata l’idea di costituire questa piattaforma web che nasce con la frase “Siamo nel punto di scegliere se disabitare la terra o radicarci ancora, con tutte le forze sensibili. Il terremoto solleva non solo polvere al cielo”. L’idea è quella di raccogliere – con la forza delle nostre capacità intellettive, umane, sensibili – dei contributi per la materia ceduta. Lo spirito non nasce dunque dal compianto ma dalla volontà di crescita. Questo è stato possibile grazie alla risposta di moltissimi artisti invitati che hanno interpretato liberamente i temi che erano sì legati al terremoto ma anche molto ampi, quali: Impermanenza, Memoria, Abitare, Disabitare, Radicamento, Sradicamento e Motus.

SciameProject ha oltre 140 partecipanti. I contributi al progetto non provengono solo da artisti, ma anche da molti critici e teorici che approfondiscono e generano riflessioni grazie ai loro scritti. La rete di Sciame tende anche a raccogliere e rendere visibili le forze sociali del territorio, attraverso Voci che raccontano ad esempio la questione del Gasdotto Snam che attraverserà zone altamente sismiche.

Il progetto si è evoluto dopo la presentazione a Viafarini, dove io e te, Bianca, ci siamo incontrate la prima volta per parlarne, ma anche dopo la presentazione al Museo Macro di Roma. A seguito di questi due momenti, due artisti di Sciamproject, Athanaisios Alexo e Vincenzo Zancana, si sono presi a cuore il progetto per lavorare e sottolineare la sua caratteristica collettiva. Il primo lavoro iniziato insieme il 12 gennaio e che insieme portiamo avanti è la residenza web su Instagram. Le tematiche individuate sono Disabitare/Disabituare, utili a generare nuove domande, soprattutto sulle modalità di vita che l’essere umano attua a discapito del proprio habitat, della propria incolumità e quella di altre specie.

Gli artisti di Sciame Mobile Residence per ora sono, in ordine di programma: Vincenzo Zancana, Andreas Zampella, Karin Zrinjski, Athanasios Alexo, Stefania Mazzola, Francesca Mussi, Maddalena Granziera, Emanuele Resce, Davide Serpetti, Mary Pola, Chiara Campanile, Irene Coppola, Matteo Nuti, Giovanni Chiamenti, Alessandra Draghi, Meri Tancredi, Cristina Cusani, Chiara Enzo, Elisa Barbero, Lucia Cantò, Alessio Barchitta.

[Un modus operandi da cui si dovrebbe imparare qualcosa di utile, adesso che siamo #tuttiacasa]

Certo, anche se spero che non rimanga solo nel web magari sarebbe interessante realizzare una mostra sempre legata al territorio, ma non solo. Attendiamo i risvolti del progetto, anche se a volte mi domando: radicarci ancora o disabitare la terra? La risposta è in evoluzione ma soprattutto la domanda è sempre aperta. Su questa linea, un’altra idea che Sciame sta cercando di realizzare, con l’eventuale aiuto di Rockability, è una residenza effettiva sul territorio, un progetto dell’artista Matteo Vettorello, un Convegno annuale per la valorizzazione di un campeggio scomodo.

 

 [Dal pubblico: Come sta vivendo Sciame questo momento di “pausa forzata?]

Stiamo portando avanti il progetto Instagram con fatica, perché è difficile comunicare con gli altri organizzatori. La vicinanza è importante anche per discutere dei progetti futuri. Tra questi però sappiamo che è centrale il radicarsi, sarebbe bello continuare a portare l’arte dove sembra improbabile che possa esserci – ecco da dove è nato il lavoro con Franco Troiani – ma questo potrebbe valere non solo per gli Appennini umbri ma anche per altri luoghi.