Intervista a Cecilia Freschini
Chi è Cecilia Freschini?
Cecilia Freschini è una miscela di follia e determinazione!
Sono nata a Verona nel ’79 e ho sempre avvertito forte la necessità di uscire e trovare un mio posto, un ruolo preciso all’interno di un contesto e ho seguito questo istinto…
Da quanto tempo fai il curatore e qual è stato il tuo iter formativo e lavorativo?
Sono laureata in economia dell’arte. Finiti gli studi sono partita per la Cina dove ho iniziato a lavorare per un secondo spazio di una galleria piuttosto importante nel panorama cinese, di cui ero la direttrice. Questa esperienza mi ha arricchito e insegnato molto, ma dopo un po’ di tempo ho ritenuto opportuno intraprendere un percorso che mi desse la soddisfazione di creare e portare a termine dei progetti in modo autonomo. Così ho iniziato a instaurare vari tipi di collaborazioni con musei, gallerie, biennali e fiere sia in Cina che in Europa.
Da quanti anni vivi in Cina e perché hai fatto questa scelta?
Sono passati ormai 7 anni.. tutto è partito in realtà più che da un’esigenza lavorativa, da un’esigenza personale: volevo conoscere e confrontarmi con una nuova cultura. Cosi sono partita per quello che doveva essere un periodo di stacco di 3 mesi dopo gli studi, ma ho capito immediatamente che quel posto doveva darmi di più. La scelta di rimanere è stata naturale.. come del resto quella di partire, non credo di essermi mai veramente soffermata sul perché’!
Un confronto fra l’Italia e l’estero?
Parlo della Cina, l’“estero” è troppo generico.
Direi che al momento siamo a degli antipodi. In Cina ci sono i soldi, ma soprattutto una vitalità inimmaginabile da noi, c’è molta apertura, curiosità ed entusiasmo: questa è la differenza più lampante. Inserirsi in un contesto cinese però non è semplice e implica il cambiamento di molti parametri anche personali, che vanno necessariamente riaggiustati in base alle consuetudini locali. Ma nonostante le difficoltà, sul piatto della bilancia, oltre allo spudorato ottimismo c’è anche un maggior rispetto e professionalità. La scena artistica cinese è ancora decisamente immatura, ma cambia di giorno in giorno e quello che ho potuto constatare in questi ultimi anni è un’apprezzabile base di efficienza e serietà. Inoltre, la Cina punta tutto sul contemporaneo, l’arte è nuova, mentre da noi si vive sugli allori di gesta passate. Limitandoci al raffronto Italia-Cina, se questa, al momento per vari motivi, è un germogliare di situazioni dinamiche e interessanti, la nostra bella Italia è un fiore avvizzito che si ripiega in se stesso. Oltre alla deleteria situazione economica, le due pecche principali dell’Italia sono di guardare troppo all’estero senza coltivare abbastanza la propria scena e quella di non incoraggiare l’innovazione e la sperimentazione, scopo raggiungibile solo dando più spazio e occasioni concrete ai giovani. Comunque, situazioni assolutamente dinamiche e promettenti ci sono e mi sembra di poter dire che questa terra ne è la prova.
Qual è – secondo te – il ruolo del curatore, oggi, e quale ruolo si accinge a ricoprire, in futuro, all’interno del “sistema dell’arte”?
Il curatore è, inequivocabilmente, una figura complessa in cui confluiscono diversi aspetti, fra cui quello organizzativo e critico, ma a fare la differenza è il rapporto di fiducia e stima reciproca che si crea con gli artisti. In questo senso si valorizza il ruolo del curatore come essenziale figura di sostegno e crescita.
Lavorando tra Cina e Italia, spesso il mio ruolo si avvicina a quello d’intermediatrice culturale che si pone fra le parti nell’intento di fornire gli strumenti idonei alla comprensione reciproca.
Il problema che noto in Italia è che spesso ci si trova di fronte il curatore/critico “star” che rischia di mettere in ombra e svuotare il ruolo dell’artista. Mi auguro che il rischio di questa sorta di competizione e manipolaggio nei confronti del lavoro artistico, non sia davvero una possibilità reale.
Quali caratteristiche sono indispensabili per fare questo lavoro?
Come per tanti altri lavori ci vuole tanta passione e pazienza! Un curatore deve inoltre sapere equilibrare una serie di competenze organizzative, relazionali, manageriali… e una buona dose di sensibilità e apertura mentale.
Credi che la figura del curatore sia trasversalmente riconosciuta? Perché?
Non saprei, a volte mi sembra ci sia molta confusione, soprattutto in Cina, dove la piattaforma artistica non è bene consolidata, ma anche in Italia dove la figura rischia o di essere privata della sua funzionalità o al contrario di acquisire un’attenzione eccessiva e di primeggiare nei confronti dell’artista.
Quando curi una mostra da cosa parti? Come scegli gli artisti, il tema, ecc? Spiegaci, per somi capi, il tuo metodo di lavoro.
Difficile a dirsi, ogni mostra è un mondo a se. La scelta degli artisti e delle tematiche si basa essenzialmente sull’intento di interpretare e trasmettere quello che accade nel contesto contemporaneo sia a livello artistico che sociale. Tuttavia a volte le decisioni sono prese in base a ragionamenti prettamente di attinenza logistica o tecnica dovuti al fatto di lavorare tra due Paesi molto distanti e diversi. Col mio lavoro cerco di creare un flusso continuo di scambio tra queste diverse realtà. Cercando per quanto possibile di esportare le persone non solo le loro opere, in modo tale che l’artista possa confrontarsi direttamente con la realtà locale.
Parlaci di un progetto e/o di un incontro, per te, significativo (in positivo o in negativo)?
Vorrei ricordare due incontri più che positivi e che sono legati a due città molto lontane tra loro geograficamente ma molto vicine nella mia sfera personale. Il primo è legato a Verona la mia città natale. Si tratta dell’incontro con Massimo Simonetti, direttore artistico della fiera ArtVerona con cui collaboro da alcuni anni occupandomi della sezione di video art. Oltre ad avere il piacere di aver consolidato un rapporto di fiducia e stima reciproca con Simonetti e il team organizzativo di ArtVerona, questo incontro è per me particolarmente significativo in quanto mi ha dato la possibilità di confrontarmi e riallacciare un rapporto con la mia città che nei precedenti dieci anni era diventato via via sempre più precario.
Il secondo incontro invece è legato alla città di Ragusa, dove, per motivi familiari, già da qualche anno passo abitualmente le vacanze. Cercando un diversivo alla spiaggia ho esplorato la scena artistica locale entrando in contatto con varie persone che mi hanno condotto all’Avv. Antonio Dipasquale. La sintonia è stata immediata: la passione e la determinazione (e il coraggio!) che lo contraddistinguono e che lo hanno portato all’apertura di questo nuovo spazio nel cuore di Ragusa (Clou – Circolo d’arte contemporanea), sono, infatti, ingredienti preziosi che apprezzo e che condivido nel mio percorso.
Progetti futuri?
Ce ne sono troppi!! A Pechino ho fondato Lab-Yit | Piattaforma per l’arte contemporanea italiana in Cina, con cui sto lavorando molto sia a livello di residency che di progetti espositivi… A livello personale segnalo la prossima edizione di ArtVerona in cui presenterò un progetto “humor” volto a far ridere, sdrammatizzare.. in cui parteciperà anche Sebastiano Mortellaro. Sarà una collettiva di artisti cinesi e italiani che dopo la fiera di Verona sarà presentata all’Archivio Regionale di Videoart del Veneto, a Milano presso il [BOX] di Visual Container e poi portata a Pechino in collaborazione col professor Wu, del dipartimento di videoart presso la Fine Arts Academy di Pechino.
Un consiglio a chi voglia intraprendere questa professione?
Ah! non sono brava a dare consigli!