Il Vero e il Reale
Una visita nello studio di Lucrezia Zaffarano
L’osservazione diretta dello studio di un artista rappresenta un’opportunità preziosa per approfondire la comprensione del suo processo creativo e delle sue fonti di ispirazione. In questo studio visit abbiamo avuto la possibilità di esplorare lo spazio di lavoro e conoscere i dettagli che caratterizzano i lavori di Lucrezia Zaffarano.
Visitare lo studio di un artista rappresenta sempre un’esperienza ricca di significato, un’occasione per entrare nel suo mondo e comprendere le radici del suo processo creativo. Recentemente, abbiamo avuto il privilegio di visitare lo studio di Lucrezia Zaffarano (Milano, 1991) il cui lavoro si distingue per l’uso di oggetti appartenuti alla sua famiglia, trasformati in sculture, ceramiche ed istallazioni che raccontano storie di memoria, identità e tradizione.
Lo studio di Lucrezia Zaffarano, che si trova a Sesto San Giovanni, appare come un ambiente intimo e ben organizzato, disseminato di materiali, schizzi e oggetti di famiglia a testimonianza di un rapporto profondo con le proprie radici e la propria identità familiare e personale. Durante la nostra visita, è parso chiaro come ogni fase, dalla selezione degli oggetti alla loro trasformazione, fosse guidata da un’intensa riflessione e da un desiderio di preservare e reinterpretare memorie personali. L’aspetto più affascinante del lavoro di questa artista è l’utilizzo di oggetti appartenuti ai suoi cari, alla sua infanzia e esperienze di vita passata, come vecchie fotografie, tessuti e piccoli oggetti. Questi elementi, spesso carichi di significato emotivo, vengono recuperati e rielaborati attraverso l’esplorazione di diverse tecniche. La trasformazione di oggetti quotidiani in opere d’arte permette di creare un ponte tra passato e presente, tra memoria individuale e collettiva. Per Lucrezia Zaffarano, il processo creativo non è semplicemente un atto di produzione artistica, ma un percorso di scoperta e di connessione tra passato e presente.
L’identità di Lucrezia Zaffarano si manifesta all’interno delle sue stesse opere, come un estensione della sua personalità. In questo studio visit l’artista ci ha illustrato alcuni dei suo ultimi lavori.
“Vieni a disegnare un posto con me” è una struttura sospesa nel vuoto, rivestita da una stratificazione di stoffe che si intrecciano e si sovrappongono con le trasparenze e le sfumature del colore nero. Il colore diventa protagonista indiretto dell’opera della Zaffarano: la tinta nera, da sempre associata al concetto di morte, ombra e mistero e nella famiglia dell’artista vi è una continuità legata alle imprese funebri ed è tramite il colore nero che l’artista stessa si identifica nella sua quotidianità. In Vieni a disegnare un posto con me la Zaffarano manifesta una presenza che diventa contemporaneamente assenza. Un opera imponente, sospesa nel vuoto, dove il gioco tra visibile ed invisibile invita lo spettatore a scoprire ciò che è nascosto all’interno della struttura. La casa, pur essendo una struttura fisica, nell’opera dell’artista non è un rifugio stabile e sicuro, ma un luogo da immaginare e inventare e dove l’indefinibile dello spazio diventa libertà di immaginazione e di espressione per chiunque la osservi.
Le opere create da Lucrezia Zaffarano, sono spesso composte da pezzi assemblati, che richiamano le forme e le texture degli oggetti originali, ma arricchiti di un nuovo senso e valore simbolico. Questa pratica non solo valorizza il valore affettivo degli oggetti, ma invita anche lo spettatore a riflettere sul ruolo della memoria e dell’identità nella costruzione del sé, come in “Dimmi che non è una casa”. In quest’opera il concetto di casa viene destrutturato e decontestualizzato dal suo canonico significato. L’artista ricompone l’opera senza completarla e definirla con stoffe ed oggetti appartenuti alla sua famiglia generando così una struttura dove l’oggetto diventa simbolo stesso del concetto di casa. Un frammento di memoria, non un luogo fisico e fisso, ma una costante rielaborazione del concetto stesso di casa e di appartenenza.
L’esperienza di vita personale è un altro elemento che risuona sovente nelle opere della Zaffarano. Le relazioni umane sono spesso caratterizzate da una complessità crescente, influenzata dai ritmi frenetici della vita quotidiana, dalla diffusione dei mezzi di comunicazione digitali e da un senso di distanza che sembra aumentare anziché diminuire. In questo contesto, molte persone si trovano a vivere un paradosso: desiderano con ardore connettersi con gli altri, ma allo stesso tempo si sentono bloccate dalla paura di farsi male e sentirsi vulnerabili. Questa paura di avvicinarsi, di aprirsi all’altro, diventa un muro invisibile in “Like a Sadic kids”. L’opera racconta di quel filo di seta che separa i corpi gli uni dagli altri. Un lenzuolo di plastica, coperto di spine, separa i due lati del lenzuolo. L’opera diventa manifesto di un gioco massacrante quanto vero: l’uomo nella sua impossibilità di toccarsi con l’altro, di arrivarsi vicino, senza mai potersi sfiorare. L’artista in Like a Sadic Kids ci invita a riflettere su come spesso ci ostiniamo ad avvicinarci verso ciò che ci attrae, noncuranti delle spine che potrebbero ferirci ed avvelenarci giorno dopo giorno.
Tra le varie sperimentazioni artistiche di Lucrezia Zaffarano, in questo studio visit, l’artista ci racconta l’opera a neon “Il vero e il reale”. Due parole luminose a formare un angolo. Il vero e il reale sono due questioni contigue per l’artista: Il “Vero” non è una realtà che si può possedere, ma è ciò che sentiamo, più che ciò che vediamo. Il “Reale”, al contrario, è la dimensione in cui ci troviamo immersi, il mondo che ci abita e ci resiste.
Nel neon, che illumina queste parole, non si fa luce sulla verità, ma si erige un confine, una frattura tra ciò che percepiamo e ciò che possiamo conoscere: l’una cerca l’altra, ma senza mai raggiungerla.
In un gioco di luce, di colori, e di specchi, essa diventa un luogo di domanda, un dispositivo filosofico che costringe a interrogarci sui limiti della nostra esperienza e sulla paradossalità della conoscenza. Perché il vero non è mai completamente vero, e il reale non è mai completamente nostro.
La visita allo studio di questa artista ha evidenziato quanto il processo creativo sia un viaggio intimo e significativo. La capacità di reinterpretare materiali familiari attraverso la molteplicità di tecniche sperimentate da Lucrezia Zaffarano dimostra come l’arte possa essere un potente strumento di narrazione e di preservazione delle proprie radici, sull’importanza di mantenere vivo il legame con il passato, anche attraverso le forme più semplici e quotidiane.