Art

The Life of an Artist’s Book

 

L’arte è vita. Questo il motto che ha contraddistinto tutto il periodo a partire dalle avanguardie storiche fino a comprendere i primi grandi movimenti della neoavanguardia degli anni ’60 come l’arte visuale e concettuale. Sintagma che può essere anche letto al contrario la vita è arte e che fa eco al titolo di questa mostra inaugurata a Catania il 10 maggio presso lo spazio espositivo On the Contemporary e simultaneamente presso la Nana Home Gallery a Vancouver concepita e curata dall’artista e docente Anna Guillot che vede come protagonista un prodotto artistico specifico quale il libro d’artista. La mostra sarà visitabile fino al 30 maggio.

Il progetto della mostra è stato accolto dal Capture Photography Festival Vancouver BC e l’esposizione nasce da una selezione di opere provenienti dal KoobookArchive, un archivio-laboratorio d’eccellenza del libro d’artista che si occupa prevalentemente della ricerca e della sperimentazione mediale, con uno sguardo attento soprattutto ai crossover linguistici. Una collettiva che vede esposte le opere di nove artisti: Anne Blum, Caroline Duchatelet, Alice Grassi, Anna Guillot, Marzia Migliora, Aleksandra Mir, Julian Opie, Zygmunt Piotrowski, Peter Wüthrich. Con special guest Maria Arena, Carlo Isola e Gianluca Lombardo, già presenti nella mostra che ha avuto luogo al Palazzo della Cultura e presso On the Contemporary Light and Senitive. The image in the artist’s book di cui questa rappresenta la continuazione.

La tematica che fa da trait d’union alle due mostre parallele è quello della nascita, un omaggio all’arrivo della figlia di Alice Grassi che sia a Catania che a Vancouver presenta il suo lavoro Home Sweet Home.

«Il libro d’artista è un’opera non inferiore a ciò che tradizionalmente concepiamo come tale» – ci dice Anna Guillot – «L’ambito del libro d’artista, fino a qualche decennio fa misconosciuto, nasce con l’Avanguardia. Pur nella piccola dimensione, l’esperienza del libro concepito da un artista come frutto di indagine e sperimentazione, può essere portatrice di nuovi contenuti e punti di vista, penso a Gordon Matta Clark, Olafur Eliasson, o perfino ad alcune investigazioni aleatorie di Gary Hill. La differenza rispetto ad alcune tipologie affini, quali quella del “libro-oggetto” o del vecchio “libro scultura” caratterizzate dall’unicità, sta nel fatto che si tratta di un genere serializzabile, seppure con tirature limitate, un genere connesso alla stampa tipografica e in genere all’idea riproducibilità. Il KoobookArchive è nato per motivi di studio nel 2008 come risultato di anni di ricerca in un primo tempo confluita nella raccolta di opere degli artisti con cui sono stata a contatto, Mirella Bentivoglio, Carlo Belloli, Giuseppe Chiari, Fontana, Lora-Totino, Miccini, provenienti dalle fila della Poesia visiva, concreta e sonora. Tali autori hanno portato ad una visione del libro che, corroborata negli anni ’60 dall’apporto di artisti europei e americani, nei decenni successivi ha guardato ai “nuovi media”, a quell’incrocio di media e linguaggi chiamato intermedialità. Principio, quest’ultimo, che il KoobookArchive ha fatto proprio e che la mostra The Life of an Artist’s Book in qualche modo vuole dimostrare».

The Life of an Artist’s Book è esplorazione della vita di un libro e della vita di chi lo crea, del proprio modo di guardare. Ogni opera viene esplicitata attraverso dei titoli che catturano l’essenza del loro significato. Il punto di vista di Anna Guillot è quello dell’antico motto greco del Conosci te stesso con Touching with your eyes, un leporello dotato di uno piccolo strumento ottico. Il focus è sugli occhi di persone di sesso ed età diverse che vengono posizionati su un vetro conteggio in una sequenza di frame fotografici che invitano a guardarsi dentro, a penetrare nell’abisso dell’anima e giungere alla consapevolezza di sé. Come suo contraltare può essere considerata l’opera di Julian Opie con Games and countergames. Esponente del New British Sculpture, Opie ha realizzato, su richiesta della Guillot e di Antonio Freiles, questo libro in cui immagina la pianta di un appartamento che mima i confini di un labirinto in cui ci si può facilmente perdere. Perdita di identità che si trasforma in identità di massa nella riflessione artistica di Carlo Isola. Opera fortemente dissacrante concepita come video e resa poi libro, riproduce una lavatrice attraverso il cui oblò vengono messe in pubblica piazza i segreti più intimi, metafora dei moderni mezzi di comunicazione che espongono senza filtri la sfera privata delle persone. Ancora rapporto tra video e libro è l’opera di Gianluca Lombardo, Sisifo, che è tratta da una trilogia video che propone un’interpretazione del mito greco. Si presenta come un gioco rompicapo in cui Lombardo compone e scompone un castello di carte da gioco specchio della vita che crea e distrugge. Il libro di Zygmunt Pietrowski, artista performer, filosofo e grafico, si sofferma sugli spazi invisibili e sulle percezioni extrasensoriali. In The Body Sublime e in Beauty Revelation Pietrowski indaga il respiro e le conseguenze che tale azione vitale può avere in un luogo come quello di Cernobyl. Passando invece alla produzione al femminile vediamo l’opera di Maria Arena con Due o tre cose che so di lei pensato come videolibro d’artista che esplora il campo dell’intermedialità. Dalla mescolanza di immagini di donne intervistate via Skype, delle riprese di una perfomance di una donna e di testi letterari nasce una riflessione sul tema della disparità dei sessi. Rivendicazione di tale posizione quella proposta invece da Aleksandra Mir che immagina se l’allunaggio fosse stato compiuto da una donna. Poste agli antipodi le due opere di Caroline Duchatelet e di Alice Grassi. La prima propone dei frame tratti da un video realizzato in piena e silenziosa contemplazione dell’affresco del Beato Angelico, nel giorno dell’Annunciazione. Qui ritorna significativamente il tema della nascita. Alice Grassi, performer e fotografa, mette in scena di controcanto un sogno di famiglia infranto in cui le sue lacrime sciolgono e distruggono una casetta fatta di zucchero, la “casa dolce casa” tanto anelata. Infine, Peter Wüthrich che ha fatto del libro il suo mezzo principale di riflessione può ideologicamente considerarsi sintesi della mostra. Nell’arco di venti anni, in The Angel of World, Wüthrich, attraversando diverse città in giro per il mondo, ha immortalato dei passanti sulle cui spalle si poggiano dei libri aperti in uno luogo-non luogo come è quello dello spazio urbano. Tali angeli diventano portatori di un messaggio, culturale, comunicativo e immaginario, di un messaggio salvifico che, facendo un volo pindarico, potrebbe rimandare a quello dell’arcangelo Gabriele e del suo annuncio di una nuova nascita, di una nuova vita.