Art

INTERVISTA A GENUARDI/RUTA

di Vittoria La Russa

 

Antonella Genuardi e Leonardo Ruta, in arte Genuardi/Ruta. Vocazione per il colore lei, tensione per l’arte segnica lui. Artisti diversi, dunque, ma comunque complementari, quasi una cosa sola nella produzione delle loro opere. Nel 2014, infatti, si sono incontrati e da quel momento non hanno più smesso di lavorare come duo artistico. Entrambi siciliani, trasmettono la luce e l’energia dell’Isola nei loro lavori e riescono, tramite questi, a dare nuova forma e definizione allo spazio che ci circonda. Proprio il concetto di spazio è, da sempre, il fulcro centrale della ricerca di Genurdi/Ruta.

 

Presentatevi brevemente…

Lavoriamo insieme, come unica identità, da cinque anni. L’Osservatorio è il luogo in cui si è definito e cristallizzato il nostro lavoro. Si tratta di un appuntamento che si svolge all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Palermo con tre docenti; è un punto di dialogo, di crescita e di messa in prova del lavoro, sia sotto l’aspetto laboratoriale che teorico. Abbiamo fuso la vocazione per il colore dell’una con la tensione segnica dell’altro. La nostra ricerca indaga i fattori costitutivi dello spazio attraverso la pittura. Ridisegniamo l’architettura esprimendo istanze proiettive che traducono l’incontro della luce con i volumi del costruito e mantenendo sempre al limite l’equilibrio tra la geometria effettiva, che struttura la realtà, e la geometria visionaria, che di quella stessa realtà legge le possibili e infinite estensioni.

 

Entrambi vi siete formati a Palermo. Quali sono, secondo voi, i pregi e i difetti del panorama artistico contemporaneo del capoluogo siciliano?

Palermo è un luogo che sta ai margini del sistema, ma produce energia che, se si vuole, serve ad alimentare il centro. Anche i margini producono le novità e Palermo è un margine di novità. Palermo e la Sicilia sono un brand, un’energia che devi saper cogliere, saper guardare perché non è a portata di mano. È più facile essere nella moda che essere fuori moda.

 

Da cosa o da chi traete ispirazione nella vostra ricerca? Quali le evoluzioni di questi anni?

Gli elementi da cui traiamo ispirazione vanno dall’architettura ai pigmenti. Palermo e la Sicilia sono sature di tutto. In alcune occasioni espositive guardiamo a diverse figure e, in base al progetto, ci sono dei riferimenti differenti. Per il progetto presentato ad Artissima, ad esempio, i riferimenti formali spaziavano dall’idea di oggetto di Richard Artschwager alla sintesi luminosa di Pa­trick Caulfield. Le occasioni espositive sono sempre state, per noi, motori di ricerca, di riflessione e quindi anche di evoluzione.

 

Che ruolo ha, ognuno di voi, all’interno del binomio artistico? Che relazione c’è tra voi e l’opera finale?

Inizialmente ci dividevamo i compiti: uno si occupava più della progettazione, l’altro della parte pittorica. Adesso i ruoli si sono intrecciati. Una volta conclusa l’opera ce ne distacchiamo.

 

Nuovi progetti per il futuro?

Siamo attualmente in residenza presso VIR Via Farini-in-residence a Milano fino ad agosto. Tra i progetti futuri abbiamo una mostra personale a Lisbona, invitati da Daniela Ambrósio e Jorge Reis (i fondatori di Emerge, un’ente che promuove artisti emergenti).

 

Incopertina: Wormhole, 2019, a cura di Samuel Gross, installazione ambientale. Courtesy Francesco Pantaleone Arte Contemporanea Milano. PH Marco Beck Peccoz.